19 aprile 2011. - Almeno un blogger o un normale utente internet è stato arrestato per aver espresso online le proprie opinioni in 23 dei 37 stati del mondo analizzati da Freedom House nel rapporto Freedom on the net 2011 appena pubblicato. Una ventina di Paesi – tra cui Cina, Cuba, Egitto, Iran, Arabia, Tunisia, Turchia – attua politiche di controllo delle connessioni a internet, alcuni perpetuandole in maniera assoluta e altri solo parzialmente. Si contano sulle dita di una mano, poi, quelli che a fine analisi possono essere chiamati stati liberi, internet free, e sono otto: Estonia, Stati Uniti, Germania, Australia, Gran Bretagna, Italia, Sudafrica, Brasile. Con punteggi differenti tra loro, dati dall'analisi delle restrizioni all'accesso per ragioni politiche o industriali, incrociate con la penetrazione dei collegamenti nei vari Paesi, tasto dolente, per esempio, nel caso italiano.

Il rapporto afferma, d'altra parte, che l'ingresso del Messico all'era dell'Internet globale si è prodotto con caratteristiche diverse da quelle degli altri paesi membri dell'OCSE, con un regime di libertà "parziale" e problemi di accesso che derivano da una mancanza di concorrenza nel settore delle telecomunicazioni, da posizioni dominanti nelle reti telefoniche, tariffe costose e mancanza di infrastrutture.

I MIGLIORI – Non si stupisca chi non vede nell'elenco dei virtuosi danesi o finlandesi, o i vicini francesi e i giapponesi: semplicemente non fanno parte dell'elenco. Mentre tra chi invece è stato scelto dal gruppo di Washington Freedom House per la sua ricerca sugli ultimi 2 anni di Rete (2009 e 2010) spicca il primato dell'Estonia, dove per esempio è più diffusa che in Italia la connessione, e dove sono molto bassi i valori degli ostacoli in accesso (si parla di infrastrutture ma anche di divieti governativi), limitazioni nei contenuti, violazioni dei diritti degli utenti. Più bassi che non negli Usa, in Gran Bretagna, o in Sudafrica (stato cui è stato assegnato lo stesso punteggio finale dell'Italia).

I CONTROLLORI – Liberi, ma solo in parte, sono in tutto 18 nazioni, a partire dal Messico per arrivare a Corea del Sud, Georgia, India, Turchia, Russia ed Egitto. Tra questi, ci sono casi da segnalare per le migliorie attuate. In Georgia per esempio la penetrazione di internet è cresciuta del 30 per cento dal 2009. Si arriva poi al fondo classifica del rapporto, ovvero quegli stati che la ricerca (sponsorizzata da Google e dall'Undef, Fondo delle Nazioni Unite per la Democrazia) classifica come censurati, nell'accesso e nei contenuti e nei diritti dei loro utenti. I peggiori, in questo caso, sono quelli che hanno totalizzato i punteggi più alto come Iran, Myanmar e Cuba, e subito prima Cina, Tunisia e Vietnam. Qui gli esempi di repressione, anche recente, sono nelle pagine di cronaca delle ultime settimane: il caso del blogger cinese Ai Weiwei, e più vicino a noi la chiusura totale delle comunicazioni in Egitto e Libia. Molte nazioni si riconoscono per aver inasprito i controlli e la censura. Rispetto al 2009 Iran, Russia, Tunisia, Turchia hanno peggiorato infatti le loro performance. Vi sono poi alcuni stati dove la libertà in rete è più alta rispetto a quella dei media tradizionali. Tra questi ci sono Venezuela, Zimbabwe, Russia e Giordania.

L'ITALIA – Il rapporto si sofferma anche sulla situazione italiana: la penetrazione di internet raggiunge il 49 per cento della popolazione, e il responso è quello di Stato libero, dove cioè non risultano bloccati i social network, né alcuna censura politica in Rete, e nessun blogger o utente è stato arrestato per aver detto la sua online. Se comparato con il rapporto sulla libertà di stampa della stessa Freedom House, però, il nostro Paese è solo parzialmente libero e si colloca al 72esimo posto

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19 de abril de 2011. - Por lo menos un blogger o un usuario regular de Internet ha sido detenido por expresar sus opiniones en línea en 23 de los 37 estados del mundo analizados por Freedom House en el Informe sobre Libertad en Internet 2011 publicado recientemente. Unos veinte países - entre ellos China, Cuba, Egipto, Irán, Arabia Saudita, Túnez, Turquía - aplican políticas para controlar las conexiones a Internet, algunos en forma absoluta y otros sólo parcialmente. Son muy pocos los que se situan entre los que pueden ser llamados países libres, ("Internet free"), y son los siguientes ocho: Estonia, Estados Unidos, Alemania, Australia, Gran Bretaña, Italia, Sudáfrica y Brasil. Las calificaciones obtenidas dependen de las restricciones de acceso por motivos políticos o industriales cruzadas con la penetración de conexiones en los diferentes países, que resultó ser una de las debilidades para Italia.

Por otro lado, según el reporte, el ingreso de México a la era global de Internet se ha producido de forma desigual a los países que conforman la OCDE, con un régimen “parcial” de libertades y con problemas de acceso derivados de una falta de competencia en el sector de telecomunicaciones, posiciones de dominio en las redes de telefonía, tarifas caras y falta de infraestructura.

 

(corriere.it / el universal / puntodincontro)