27 agosto 2011. - Parrebbe avvitato in una spirale violenta e recessiva il Messico dei nostri giorni, insanguinato dalla tragedia del narcotraffico. Il Messico, quello dei 40mila morti in 6 anni. Il Messico, quello dei coyotes (trafficanti di uomini) che, se non muori di sete, per 1.500 dollari ti portano dall'altra parte, al di là del Rio Grande, per tentare la sorte negli Stati Uniti.

Il Messico, quello delle maquiladoras, le piccole imprese manifatturiere, sprofondate in una crisi profonda conseguente alla recessione americana. A guardarla così sembra senza speranza la congiuntura politica ed economica di questo gigante latinoamericano. Eppure qualcosa di positivo succede: un forte recupero di competitività rispetto alla Cina. L'aumento dei salari cinesi e la rivalutazione dello yuan offrono una nuova configurazione dello scenario geo-economico. L'effetto chiaro è uno spostamento degli investimenti e degli impianti industriali dalla Cina al Messico e al Centroamerica.

Dieci anni fa il settore manifatturiero cinese era del 237% più economico di quello messicano. Oggi la Cina è più competitiva solo del 14 per cento. Ciò significa che i salari sono praticamente uguali se si tiene conto del fatto i costi di trasporto dalla Cina agli Stati Uniti sono ben più cari di quelli dal Messico agli Stati Uniti.

«Ecco perché, per la prima volta da molto tempo - spiega Gabriel Casillas, capoeconomista di JP Morgan in Messico - stiamo assistendo a una ridefinizione dei rapporti di scambio e di competitività».

Alcuni analisti di Standard & Poor's rafforzano la teoria della progressiva perdita di competitività della Cina: la diminuzione del rating di alcuni istituti creditizi americani, ma soprattutto quello dell'intero sistema bancario, sono fattori che spingeranno ancora in direzione di una rivalutazione dello yuan cinese. Una prima conferma arriva dal fatto che le importazioni degli Stati Uniti, provenienti dal Messico, sono già aumentate: dal l'11,3% del 2005 al 14% del 2010. Una tendenza che si sta rafforzando nel 2011.

Un'altra conferma arriva dal l'industria automobilistica, che ha ingranato la quarta: Fiat, Ford, Volkswagen, Toyota e Mazda hanno annunciato nuovi impianti. Allo stesso tempo l'industria aerospaziale rilancia gli investimenti: Airbus, Eurocopter, e Bombardier comunicano nuovi progetti.

Il timore è che l'ondata di violenza che affligge il Paese possa condizionare gli investimenti di Europa e Nord America. La risposta degli analisti è che la violenza è circoscritta agli Stati di Guerrero e Michoacan, nel nord.

Uno scenario dunque con qualche spiraglio di luce anche se il narcotraffico resta la vera emergenza. Le cronache di ogni giorno riportano episodi di inaudita violenza. Ieri si è verificata la peggior tragedia dall'inizio del governo del Presidente Calderón con 52 morti in un casinò di Monterrey provocato dall'attacco di sicari spietati. Tre giorni fa, a Ciudad Juarez, alcuni uomini armati hanno sparato su un gruppo di genitori in attesa dei figli all'uscita della scuola elementare Ricardo Flores Magón. Il sospetto è che l'attacco sia legato a un caso di estorsione. L'altro ieri è stato trovato il cadavere del direttore del quotidiano messicano online La Discusion, Humberto Millán Salazar, sequestrato mercoledì scorso a Culiacán, nello stato di Sinaloa.
 

I VOLTI DELLO SVILUPPO

Messico fermo, Cina in corsa.

Fatto 100 il costo unitario del lavoro nel 2005, i salari messicani negli ultimi sei anni sono rimasti sostanzialmente fermi. Quelli cinesi sono invece più che raddoppiati, colmando gran parte del gap che li separava dagli stipendi messicani (si veda il grafico).

Il sistema manifatturiero cinese resta ancora più competitivo di quello messicano, ma solo del 14%. Dieci anni fa era più conveniente del 237%

Tenendo conto delle spese di trasporto, le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti pertanto hanno perso il loro vantaggio rispetto a quelle messicane, che infatti sono aumentate dall'11,3% del totale Usa nel 2005 al 14% nel 2010.

Sul fenomeno influisce anche la rivalutazione dello yuan.

 

(roberto da rin / ilsole24ore.com / puntodincontro)

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27 de agosto de 2011. - Al parecer, el México de hoy está atorado en una espiral de violencia y recesión, destrozado por la tragedia del narcotráfico. Sí, México, el País de los 40 mil muertos en 6 años. México, el de los coyotes (traficantes de personas) donde, si no te mueres de sed, por 1,500 dólares te llevan al otro lado del Río Grande, para buscar fortuna en los Estados Unidos.

México, el de las maquiladoras, las pequeñas empresas armadoras hundidas en una profunda crisis después de la recesión de los Estados Unidos. Viéndola así, parece no tener esperanza la coyuntura política y económica de este gigante latinoamericano. Sin embargo, sucede algo positivo: se está registrando una fuerte recuperación de la competitividad frente a China. El aumento de los salarios chinos y la revaluación del yuan ofrecen una nueva configuración del escenario geo-económico. El efecto inequívoco es una migración de las inversiones y de las plantas industriales de China hacia México y América Central.

Hace diez años, el sector manufacturero chino era 237% más barato que el mexicano. Hoy en día China es más competitiva sólo en un 14 por ciento. Esto significa que los salarios son prácticamente idénticos, si se tiene en cuenta que los costos de transporte de China a los Estados Unidos son mucho más caros que los de México a los Estados Unidos.

«Es por esto que, por primera vez en mucho tiempo - dijo Gabriel Casillas, economista jefe de JP Morgan en México - estamos siendo testigos de una redefinición de las relaciones de comercio y de competitividad».

Algunos analistas de Standard & Poors, refuerzan la teoría de la pérdida gradual de competitividad de China: la reducción del rating de algunas instituciones de crédito estadounidenses, pero sobre todo el de la totalidad del sistema bancario, son factores que empujan en la dirección de una revaluación del yuan chino. La primera confirmación viene del hecho de que las importaciones de los Estados Unidos desde México, ya han aumentado: de 11.3% en 2005 han llegado al 14% en 2010. Una tendencia que se está fortaleciendo en el 2011.

Otra confirmación viene de la industria del automóvil, que ha despegado: Fiat, Ford, Volkswagen, Toyota y Mazda han anunciado nuevas plantas. Al mismo tiempo, la industria aeroespacial impulsa la inversión: Airbus, Eurocopter y Bombardier han presentado nuevos proyectos.

El temor es que la ola de violencia que aflige al país pueda afectar las inversiones europeas y norteamericanas. La respuesta de los analistas es que la violencia se limita a los estados de Guerrero y Michoacán, en el norte.

Por lo tanto un escenario con algo de esperanza, aunque el narcotráfico sigue siendo el verdadero punto de emergencia. Las crónicas de todos los días reportan incidentes de violencia extrema. Ayer se registró la peor tragedia del sexenio del Presidente Felipe Calderón, con 52 muertos en un casino de Monterrey después del ataque de sicarios despiadados. Hace unos días, en Ciudad Juárez, hombres armados dispararon contra un grupo de padres que estaban esperando a sus hijos afuera de la escuela primaria Ricardo Flores Magón. La sospecha es que el ataque esté vinculado a un caso de extorsión. Antier fue encontrado el cuerpo sin vida del director del diario mexicano en línea La Discusión, Humberto Millán Salazar, quien había sido secuestrado el pasado miércoles en Culiacán, en el estado de Sinaloa.

 

(roberto da rin / ilsole24ore.com / puntodincontro)