Venezia contro Roma
ciak sulla guerra del cinema


Il direttore della mostra polemizza contro la kermesse capitolina
Muller attacca: "Nella capitale solo i nostri scarti".

ROMA, 29 agosto 2006. - Questa è una storia fatta di cose che non si possono dire: se per caso si dicono forse qualcuno ha capito male. "La festa del cinema di Roma si fa con gli scarti del Festival di Venezia", dichiara Muller il direttore del Festival al Tg3. Iradiddio di polemiche, rettifica: non ha detto scarti, era una sintesi impropria, ha detto "film che non avevamo voluto". E' una storia che tutti raccontano così come la stiamo per riferire - Venezia è al capolinea, Roma ha ottime chances di accopparla e portarsi a casa il bottino - ma che poi nessuno ha voglia di riferire ad alta voce.

Primo: perché non c'è uno nel mondo del cinema italiano che non sia "amico da trent'anni di Walter", in cinquanta conversazioni il sindaco di Roma è sempre chiamato familiarmente solo col nome di battesimo: da attori e registi, da produttori e distributori, da banchieri e da manager. Il medesimo sindaco, del resto, è "molto amico" di tutti - anche di Cacciari, ha ribadito ieri. Naturalmente di Rutelli, ovviamente di Muller ed altrettanto di certi vecchi gestori di sale in disarmo o di quel tale figurante di Fellini - essendo l'ecumenismo la sua cifra stilistica e la sua fortuna.

Secondo: perché corrono molti soldi, veramente moltissimi, a far dispiacere a qualcuno ci si rimette e non si sa mai. Terzo: perché Venezia è sempre Venezia e per quanto esosa nei prezzi, inadatta nelle strutture, elitaria nelle scelte e ormai senz'altro in crisi di charme resta - per il momento - l'unico Festival del cinema a disposizione in Italia.

Per il momento perché la Festa di Roma ideata, organizzata e nei dettagli curata da Walter Veltroni potrebbe davvero in qualche anno togliere la ribalta alla vecchia signora malata di reumatismi da Laguna: non per lo scontro fra star di cui si legge sui rotocalchi, no. Non per Sean Connery né per Nicole Kidman, quelli tanto si vedono in tv: per il mercato di chi compra e chi vende, piuttosto. In Italia da quando è morto il Midfed di Milano non c'è più una fiera: un luogo dove i compratori di tutto il mondo vedano i film che poi decidono di acquistare. Venezia non lo fa, non ha i luoghi né le strutture. Roma lo farà, ha dodici milioni di sponsor per provarci: gli alberghi di Via Veneto sono precettati, le salette di tre sale del centro pronte a proiettare film ogni due ore solo per i compratori stranieri, gli ambìti acquirenti sono invitati e spesati. Girano miliardi, se funziona il mercato. E' tutto qui.

Poi la storia è anche pittoresca e piena di star, buona per le copertine e fitta di risvolti politici. Il sindaco di Venezia Cacciari sta nella Margherita come il ministro della Cultura Rutelli. Rutelli e Veltroni, ovviamente in pubblico molto amici, non sono proprio due anime in un nocciolo: Veltroni ha preso il posto da sindaco che fu di Rutelli, Rutelli quello da ministro che fu di Veltroni. C'è una certa fisiologica rivalità, diciamo.

Lettura politica di superficie: Veltroni soffia la ribalta a Rutelli e al suo sindaco, Rutelli prova a ostacolarlo ma nulla può. Quando Cacciari dice "se il governo dà un euro a Roma metto mano alla pistola" Veltroni ribatte che non un euro pubblico è mai arrivato: solo sponsor privati. Vero: uno di questi, la Bnl, era però attesa come finanziatrice di Venezia ma ha poi puntato su Roma. Fascino della Capitale? Un altro, la Camera di Commercio, ha fornito parte consistente dei dodici milioni di euro su cui Roma può contare prevedendo un rientro simile o superiore a quello delle fortunate Notti Bianche. Altri sponsor che avrebbero voluto dar soldi a Roma sono stati respinti: abbiamo già abbastanza, hanno detto in Campidoglio. "Muller è stato molto spiritoso: quando gli hanno riferito guarda che Roma è a dodici milioni ha risposto 'noi invece abbiamo deciso di fermarci a sei'", sorride Roberto Cicutto, produttore e distributore, Mikado.

Giacché i due festival si svolgono a un mese di distanza (inizio settembre Venezia, 12 ottobre Roma) la rivalità per avere i film e le star è stata inevitabile. "E' obiettivamente imbarazzante - dice Claudio Bonivento, produttore - perché se ti chiama Walter, che conosci da trent'anni, come fai a dirgli di no? E se ti chiama Muller, che è bravissimo, che fai non ci vai? Fosse stato a febbraio, il festival di Roma, o almeno a novembre tanti problemi non ci sarebbero stati. Ma così...". Problemi tipo quello della Medusa, insieme a Raicinema il principale produttore italiano, che a causa del rifiuto da parte della commissione veneziana di un suo film - quello di Andò - ha deciso quest'anno di disertare Venezia e puntare su Roma: "N", il film su Napoleone di Virzì, e parecchio altro. Un brutto colpo, e allora Massimo Cacciari il sindaco filosofo ha calato l'asso della qualità. Anche qui siamo nella sfera dell'indicibile: noi Venezia siamo colti e sofisticati, voi Roma siete un po' cialtroni. "Venezia contro Roma è come Truffaut contro James Bond: Roma è una festa nazional popolare", ha detto e poi superbamente confermato Cacciari prima ancora di sapere che Sean Connery sarebbe stato in effetti una delle guest star di Veltroni. Goffredo Bettini, ds storico e braccio destro di Veltroni nella Festa, gli ha dovuto ricordare che "nazional popolare è una categoria gramsciana". Cacciari di certo lo rammentava benissimo.

Il fatto è che Venezia è in ribasso e non da ieri. "Non c'è il Palazzo del Cinema, le sembra poco?", dice Cicutto. Mantenere gli attori in gondola e in motoscafo costa ai produttori cifre folli, le cene arrivano a trecento euro a testa, gli alberghi sono proibitivi: la gente non ci va più da tempo, le major non hanno più voglia di pagare così tanto per così poco. C'è Cannes, in Europa. C'è Berlino. C'è Toronto subito dopo il Lido. Anche i giornali stranieri cominciano a ritirare gli inviati. "Se Venezia va male è colpa di Venezia - dice Valerio De Paolis, produttore e distributore, Bim - sono anni che la gente si lamenta e non si può negare che il Festival non sia stato aiutato dai governi. Però è vero anche che succede come quando c'è una sola donna avvenente in un night club, per quanto zoppa. Poi arriva quella un po' meno bella ma che corre e si accontenta di meno: fine del monopolio".

Del resto questo dice Davide Croff, il presidente della Biennale: "Da imprenditore non posso che compiacermi della concorrenza". Poi, anche: "Il mercato a Venezia non ha mai avuto un grande peso.

Cannes e Berlino sono i due centri più importanti ma hanno infrastrutture che Venezia non ha. Ci stiamo interrogando per capire se non sia il caso di andare a piccoli passi in quella direzione". Deve essergli arrivato all'orecchio che a questo sta lavorando Roma senza dare nell'occhio. "I compratori vanno a Toronto, poi a novembre all'American film market. Bisognerebbe che Roma ne invitasse due-trecento a spese della Festa. Che proponesse nelle anteprime qualche buon film magari anche italiano. Che invitasse i giornalisti stranieri. Ho notizie in questo senso. Molti amici e colleghi mi chiamano per avere notizie: tutti conoscono, magari solo di fama, Walter. Hanno deciso di venire", dice un importante produttore equidistante, uno in odore di premio a Venezia e tuttavia lui pure "amico da una vita" del sindaco cinefilo. A più d'uno Veltroni ha fatto balenare l'ipotesi che potrebbe in futuro occuparsi molto più di cinema che di politica. "Da noi per Venezia solo stima e rispetto", sorride feroce e impeccabile. Domani, giorno di apertura del Festival, va a Milano a presentare il suo romanzo. Si prepara ad accogliere a Roma l'amico Scorsese e forse Woody Allen. Diamara Parodi Delfino cura la logistica per conto della Camera di Commercio. Suo marito Giancarlo Leone porta i film di Raicinema sia a Roma che a Venezia: anni fa dopo la cattiva accoglienza a Bellocchio aveva detto 'Venezia mai più', ma poi i malumori passano e le buone ragioni prevalgono. Va tutto benissimo, annuiscono in Rai, cresceranno occasioni e profitti. Anche quella del cinema è in fondo una grande famiglia.