Il grande matrimonio
con il Gruppo Fiat

La storia della Ferrari. Decima puntata.
 

Ferrari resiste a tutto, anche al tentativo di scalata della Ford, ma finisce nelle mani della Fiat.

Non fu un evento traumatico, anzi: se la firma dello storico accordo arriva nel 1969, quando Enzo Ferrari cedette ufficialmente al Gruppo Fiat il 50 per cento delle sue quote azionarie (percentuale salita al 90 nel 1988), il legame fra Fiat e Ferrari è sempre stato infatto molto stretto. La casa torinese d'altro canto già nel 1950 aveva deciso di stanziare a fondo perduto un contributo di 250 milioni in 5 anni per la Ferrari: un riconoscimento al lavoro del Grande Vecchio, ma anche del forte potere trainante che le vittorie delle Ferrari avevano sulle vendite delle auto italiane.

Cosa ancor più straordinaria, come raccontava Enzo Ferrari stesso "questo contributo fu deciso da Valletta in persona, il patron della Fiat, senza chiedere nulla in cambio. Avevo conosciuto Valletta nel 1932, presentato dall'avvocato Acutis, allora presidente dell'Anfia. I nostri incontri avvenivano a scadenza di uno, due, tre anni, ma erano sempre cordiali. Ogni volta mi chiedeva cosa potesse fare per me. E io rispondevo: nulla, grazie. Pur avendo bisogno di mille cose...".

La stima, enorme, del mumero uno della Fiat nei confronti di Ferrari nasce dal fatto che il Drake si può considerare un vero e proprio pioniere delle sponsorizzazioni, riuscendo, caso unico al mondo, per tanti anni a guadagnare soldi dalle corse. "Una delle prime volte che incontrai Valletta - ricorda Ferrari stesso - questi mi rivolse una domanda curiosa: 'Ferrari, mi dicono che lei riesce a fare le corse d'auto e a guadagnare dei soldi, mentre noi, Fiat, ci siamo stancati per le eccessive spese che esse comportano'. Gli spiegai che quelle scritte che avevo sui camion della mia scuderia erano dei fornitori che sovvenzionavano la mia attività. A quei tempi non si chiamavano ancora sponsor. E aggiunsi che dalla Shell, ad esempio, prendevo 120 mila lire al mese. Valletta rimase shoccato".

In tutti i casi, la Ferrari mantenne sempre un'autonomia assoluta dalla Fiat, al punto che nel 1988, molti anni dopo, la percentuale delle quote azionarie Fiat salì addirittura al 90 per cento senza che questo danneggiasse la forte autonomia della piccola azienda di Maranello che infatti va avanti per la sua strada. E alla fine degli anni Sessanta Ferrari iniziò a lavorare al più impensabile, folle e incredibile progetto per una scuderia di Formula Uno: quello di avere una immensa pista di prova che riproducesse esattamente i punti più difficili e impegnativi dei principali circuiti del mondo. Un'impresa faraonica.

 

(La Repubblica.it)