Venezia scopre Sting il produttore
"L'ho fatto solo per aiutare Trudie"


Il musicista parla di "A guide to recognize your saints" tratto dal libro di Dito Montiel
"Mia moglie ha l'istinto per capire se una storia può diventare un buon film"

VENEZIA, 3 settembre 2006. - "Recitare? Per me è solo un hobby. Io sono e resto un musicista". Pantaloni gessati, giubbino, maglietta beige bucherellata, Sting - una delle star della odierna giornata di Mostra - non dimostra particolare entusiasmo, verso le sue esperienze sul grande schermo. Seduto accanto alla moglie Trudie Styler (in abito nero), nella riservatissima saletta del Nikki Beach, tiene a precisare, insomma, che i rapporti con il cinema resteranno occasionali. "Sì, girare un film è divertente - racconta - l'ho fatto in passato, e quasi per caso. Ma diventare attore non è la mia ambizione. Non ardo certo dalla voglia di tornare sul set...".

E, a dimostrare la verità delle sue parole, c'è il fatto che lui, qui alla Mostra, è sbarcato nella veste non di interprete, ma di produttore esecutivo di un film: si chiama "A guide to recognize your saints", è prodotto anche da sua moglie, ed è in cartellone alla 'Settimana della critica'. Una pellicola diretta dall'esordiente Dito Montiel, tratta dal libro semi-autobiografico dello stesso autore, e che ha già vinto il premio della regia al Sundance Festival. In cui si racconta una giovinezza newyorkese difficile, nel Queens, ai primi anni Ottanta. Gli interpreti sono Robert Downey jr, Rosario Dawson, Chazz Palminteri, Dianne West.

"E' stato proprio Robert Downey, che è un nostro buon amico, a portarci il libro di Montiel - racconta la Styler - e in effetti aveva ragione, era una grande idea per un film. Così sono andata in Inghilterra, e ho fatto sviluppare la sceneggiatura. Ma al momento di reperire i finanziamenti, ho avuto difficoltà; e così ho chiesto a Sting di darci una mano".

Cosa che il marito ha fatto volentieri. "Trudie ha l'istinto di capire se una storia può diventare un buon film, io invece sono solo un 'money man' - scherza - e comunque certo, mi aspetto che il mio investimento finanziario nella pellicola rientri... non dico fare tanti soldi, ma almeno un pochino, questo sì". Poi però si fa più serio, nello spiegare perché "A guide to recognize your saints" gli sia tanto piaciuto: "E' una storia che parla di gente che, per trovare se stessa, deve tagliare col proprio ambiente d'origine - dichiara - anch'io, trent'anni fa, ho dovuto farlo, E anch'io, come il personaggio, ho avuto un rapporto conflittuale con mio padre: un tema universale. Insomma a mio giudizio questo è un film complesso, che può essere letto a molti livelli. Non parla solo di ragazzini che crescono, ma di qualcosa di più profondo".

Ma l'entusiasmo verso la pellicola di Montiel non deve ingannare: oltre a quello di attore, anche il mestiere di produttore è stato occasionale. "L'ho fatto solo per aiutare Trudie - spiega lui - adesso devo tornare a pensare alla musica. Il sei ottobre uscirà un mio disco molto particolare: si chiama 'Songs from the Labirynth', e contiene musiche di un compositore inglese del Cinquecento. Io canto, e suono anche il liuto".

Un progetto senza dubbio fuori dall'ordinario, che guarda a un passato musicale antichissimo. Affrontando invece un passato molto più recente, Sting esclude categoricamente una reunion del gruppo con cui ha raggiunto il successo. Perfino in un'epoca come questa, in cui particamente tutte le rockband storiche - dai Led Zeppelin ai Sex Pistols - hanno tentato quest'operazione. "No, non rifarò i Police - assicura - sono orgoglioso di quello che ho realizzato con loro, ma quei tempi sono finiti". Insomma, i fan si rassegnino: il discorso sembra proprio chiuso.

 

Da Repubblica.it