Cannes, viva la Dolce vita
Grandi preparativi per il 60° festival che si apre domani. Un sondaggio consola l’Italia esclusa dalla competizione: il film più memorabile è il capolavoro di Fellini.

15 maggio 2007. - Il gran ballo inizia domani con lo schieramento di tutta la giuria presieduta da Stephen Frears e con il primo film My Blueberry Nights di Wong-Kar-Wai, protagonista la cantante Nora Jones. Ma già adesso la Croisette è un mare di macchine, un intreccio di cavi, impalcature.

Il Festival del sessantenario apre le porte con la magnifica certezza di sempre, la scalinata su cui gli operai vanno stendendo il tappeto rosso, quello su cui ogni sera si consuma il rito più fulgido, ovvero l’ascensione al cielo cinematografico di registi, attori, produttori.

La liturgia degli scalini non esiste in nessun’altra analoga manifestazione del mondo, e non esisteva neanche agli albori della rassegna, è arrivata nella seconda metà della sua vita, un colpo di genio che ha reso unico l’appuntamento. Quando un film passa di lì, è comunque entrato nella storia delle immagini cinematografiche, anche se non piacerà, anche se verrà fischiato. Quest’anno, per i 60 anni, la «montée des marches» si arricchirà ogni sera di nuovi invitati, apparizioni fugaci, magari solo per esserci.

Sugli anni di vita della manifestazione ci sarebbe qualche precisazione da fare. La prima kermesse era stata organizzata nel 1939, avrebbe dovuto svolgersi tra l’uno e il 20 settembre. La minaccia hitleriana sembrava lontana e il Festival sarebbe dovuto nascere in competizione con la Mostra di Venezia. Gli americani avevano promesso la partecipazione di molti divi del momento, da Paul Muni a Gary Cooper, da Tyrone Power a Norma Shearer, ma gli eventi precipitarono e così, dopo uno spostamento di dieci giorni, alla fine il Festival saltò.

Nel 1946 finalmente la vera partenza, con fuochi d’artificio, parate floreali, la Marsigliese cantata da Grace Moore. Allora la festa, nel clima effervescente del dopoguerra, iniziò davvero per non fermarsi più. Il colpo al cuore, quella volta, fu per Roma città aperta di Rossellini, e non poteva che essere così.

I film diventavano sempre più importanti, e il glamour cresceva di pari passo. Anche quest’anno i party si sprecano, quelli sulle barche degli stilisti già ancorate nel porto, quelle dei superdivi (per Ocean’s Thirteen con il cast al completo guidato da George Clooney è già delirio), quelle delle varie cinematografie del mondo, ma soprattutto quelle dei film in gara, le più eccitanti, perché è lì che, tra registi e attori, si assapora al meglio la botta adrenalica di chi è sulla Croisette con l’obiettivo di mettere le mani sulla Palma.

Già la Palma, rametto dorato che da oggi campeggia ovunque nelle strade, sui manifesti, nelle vetrine. E più che ovunque nei sogni dei registi. Perché una Palma cambia la vita. E se quest’anno il cinema italiano si offende perché è rimasto fuori dal concorso, l’inchiesta pubblicata sul Nouvel Observateur offre un motivo importante di orgoglio. Nel servizio per il sessantenario il giornale ha promosso un sondaggio tra critici e cineasti (francesi e no).

Risultato? Al primo posto nell’elenco delle Palme più amate c’è La dolce vita di Fellini, film scandalo, opera magnifica del maestro che, all’indomani dell presentazione, fu bloccato sulla Croisette da una signora battagliera: «Lei è Fellini? Senta, mi può spiegare perché mai nel suo film non c’è un solo personaggio normale?». Dopo La dolce vita vengono, nell’ordine, Apocalypse Now di Coppola, Taxi driver di Scorsese e Viridiana di Luis Buñuel.

 

Da La stampa.it