Non devi andare con lui

Marco Vichi.

Le andai dietro e la raggiunsi quando era già in mezzo all’oliveto, illuminata dal sole radente. Lei mi sentì arrivare e si voltò per un attimo a guardarmi, senza smettere di camminare.

«Ciao» dissi, affiancandomi a lei.

«Ciao».

«Allora parli...».

«Allora parli».

«Come ti chiami?».

«Come ti chiami».

«Dove stai andando?».

«Dove stai andando...». Era molto carina, si era messa anche il rossetto.

«Vai dalla mamma?».

«Dalla mamma?».

«Divertente questo gioco».

«Divertente».

«Senti...».

«Senti».

«Ti posso fare una foto?».

«Foto».

«Una bella foto...». Corsi avanti e puntai la macchina. Click. Aveva davvero un bel viso, e con un po’ di fantasia il suo sguardo demente poteva sembrare il vezzo di una viziatissima ragazza milanese. Mi affiancai di nuovo a lei.

«Non devi andare con quello...».

«Con quello, con quello».

«Lui è cattivo, non devi andare con lui».

«Cattiva...».

«Non tu, lui è cattivo. E anche brutto».

«Cattiva... Puttana... Brutta puttana...».

Non ci potevo pensare. Quel porco che se la scopava si eccitava a trattarla come una puttana... una minorata di quindici anni che aveva la sfortuna di avere un corpo da modella.

«Dove abiti?».

«Dove abiti...».

«Ti accompagno?».

«Ti accompagno...».

Non mi sembrava il caso di continuare.

«Ciao».

«Ciao... Ciao... Ciao».

La lasciai andare e tornai indietro, impregnato di squallore. Rientrai nel bosco. Camminavo in fretta, e arrivai alla villa sudato fradicio. Andai a prendere la macchina e scesi giù per il sentiero. Ecco, avevo svelato il mistero dei fantasmi. Un rispettabile riccone di cinquant’anni si sbatteva una ragazzina squilibrata.

Appena arrivai a casa scaricai le foto sul computer. La prima che apparve mi fece sobbalzare... Quanto tempo era che Camilla non scaricava la digitale? Sullo schermo c’era un tipo barbuto sdraiato in un letto, evidentemente nudo, che mi sorrideva. Chi cazzo era? Un altro mistero da chiarire. Lo guardai bene. Quarant’anni. Una faccia che non mi piaceva per niente, lo sguardo torbido. Insomma brutto... Una lama di gelosia mi trapassò il petto, e mi sentii un imbecille. Cosa credevo? Che Camilla fosse vergine? E io, quante donne avevo avuto?

Ma vedere in faccia un uomo che era stato a letto con lei era tutta un’altra cosa. Forse quella foto era stata scattata poco dopo l’accoppiamento... porcaccia miseria. Cercai di non pensarci, e andai avanti con il cuore il gola. C’erano altre immagini del barbuto, sempre a letto... Le scorsi in fretta, e finalmente arrivai a quelle che aspettavo. La bella coppia del bosco.

Le foto erano molto nitide, anche se le facce non si vedevano chiaramente. Ma chiunque conoscesse quelle due persone le avrebbe riconosciute all’istante. Questa volta il maresciallo doveva darmi retta. I reati erano gravi. Provai a elencarli... circonvenzione d’incapace, violenza sessuale, sequestro di persona... forse c’era anche qualcos’altro che mi sfuggiva.

Erano le cinque passate. Provai a telefonare a Camilla. Morivo dalla voglia di dirle cosa avevo appena scoperto, e magari anche di sapere chi fosse il barbuto... ma il suo cellulare era ancora spento. Le mandai un messaggio: Chiamami subito, è urgente. Baci.

Non avevo mangiato quasi nulla in tutto il giorno, e non ci vedevo dalla fame. Andai in cucina e divorai un panino con il miracoloso prosciutto della Marinella tagliato a mano.

Ero in dubbio se telefonare subito al maresciallo. Ci pensai bene, e decisi di aspettare. Le foto dimostravano soltanto che quell’uomo stava passeggiando tra i castagni con la matta del villaggio. E allora? Non era mica un reato. E soprattutto non ero riuscito a prendere bene la sua faccia, poteva anche essere un altro che gli somigliava. Non avevo nemmeno la targa della macchina. In tribunale non ci sarei nemmeno arrivato. Quel porco avrebbe potuto cavarsela. Per poter andare da Pantano dovevo prima beccarlo sul fatto, mentre si scopava la matta. La radio-spia mi serviva ancora.

Lavorai a Orrore sulle colline quasi fino alle otto, poi andai in cucina a preparare qualcosa per cena. Accesi la tv con il volume a zero, e alzai solo quando vidi la sigla del Tg1. Un politico aveva dato del terrorista a un altro politico, vertice europeo sulla criminalità, le indagini sulla morte di Maria Conti continuavano senza sosta, rapina nel vercellese da tre milioni di euro, una mostra tematica per il centenario del tostapane, il rigore sbagliato da Toni nella trasferta a Palermo...

Girai sul secondo Rai e azzerai l’audio. Aspettavo il Tg2, per vedere se dicevano qualcosa in più su Maria Conti. Buttai la pasta. Lo squillo del telefono mi fece sobbalzare. Guardai lo schermo, Camilla. Pensai subito al barbuto.

(Continua)
 
 

(La Stampa.it)