La "Squadra d'oro" e i carri armati
La parabola spezzata dell'Ungheria

Il libro di Luigi Bolognini ripercorre la storia della nazionale di Puskas e dell'invasione del 1956. Imbattibile, perse la finale della coppa Rimet e da allora tutto cambiò...

ROMA, 23 gennaio 2007. - Un unico filo che tiene insieme storie e avvenimenti diversi. Il calcio come protagonista della storia, come televisione che sembra commedia dell'arte, o come rito di passaggio della vita. Il calcio, insomma. Solo un gioco, più di un gioco.

Carri armati e pallone. Speranze e tradimenti. Sogni e crudeli risvegli. E l'adolescenza che, come la libertà, finisce. Ungheria 1950, nel grigio clima del regime comunista nasce l'Aranycsapat, la Nazionale di calcio di Puskas e Hidegkuti. Una squadra che regala vittorie, spettacolo. Ma soprattutto tanta gioia agli ungheresi oppressi da un regime spietato e dispotico. "La Squadra d'oro" la chiamano. Capace di giocare 50 partite, vincerne 43, pareggiarne sei. E perderne una, ma importantissima: la finale di coppa Rimet con la Germania. La storia di quella Nazionale e dei fatti che sconvolsero l'Ungheria nel 1956 sono raccontati da Luigi Bolognini in "La squadra spezzata" (Limina edizioni, 149 pagine, 14 euro).

Anni visti attraverso gli occhi del giovanissimo Gabor, che adora Puskas e crede che quella sia più di una squadra di calcio. Le sue vittorie, giura, confermano che il comunismo avrà la meglio sull'odiato occidente capitalista. Ma quello che per Gabor è un semplice sogno da adolescente, per il regime ungherese diventa uno straordinario mezzo di propaganda e controllo delle masse. "La vittoria è necessaria al partito" dicono i burocrati del governo. E l'Aranycsapat vince.

Trionfi su trionfi. Gli inglesi umiliati a casa loro. Puskas, Hidegkuti, Kocsis, Budai, Bozsik. Più che una squadra, una filosofia di gioco. Imbattibili, o quasi. Ma la sconfitta nella coppa Rimet nel 1954 fa scattare la delusione. E la rabbia verso il regime. Scoppia la rivolta, la gente chiede democrazia, il mausoleo dei dirigenti comunisti si sgretola. Arriva Imre Nagy. Gabor è in piazza. Lotta. Partecipa agli scontri, vede il suo amico Sandor falciato da una raffica di un soldato russo e si vendica. Poi il sogno che sembra avverarsi. E invece viene spazzato via dai carri armati russi. "La Squadra d'oro" non c'è più. La speranza di cambiamento nemmeno.

Sempre ricordi, sempre pallone. Stavolta non giocato ma raccontato. 27 settembre 1970, ore 18: nasce "90esimo minuto". Altra televisione e altro calcio. Quando non c'era molta scelta e per vedere i gol delle partite di serie A la domenica pomeriggio uno si inchiodava davanti al Primo Programma Rai, come si chiamava allora. Un appuntamento che divenne presto insostituibile per gli amanti del calcio. Così come diventarono presenze fisse i telecronisti che commentavano le partite. Li guidava, dallo studio, Paolo Valenti. E così capitava di sentire Giorgio Bubba da Genova definire "al Nepal" il tiro di Vialli, o Ferruccio Gard da Verona sentenziare: "La squadra capitolina ha rischiato di capitolare". Divenne, presto, uno spettacolo nello spettacolo. L'assalto che decine di scugnizzi riservavano al napoletano Luigi Necco a ogni fine di collegamento dal San Paolo entrò nell'immaginario collettivo. Adesso tutto questo è diventato un libro e un dvd a firma di Marco Giusti ("Il meglio di 90esimo minuto". Edizioni Mondadori, pagine 131).

Infine "Un'ultima stagione da esordienti" di Cristiano Cavina (editore Marcos Y Marcos. 219 pagine 14 euro). Ovvero, il calcio visto come rito di iniziazione alla vita nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Il campionato dei ragazzi dell'Ac Casola, squadra della bassa emiliana. Campi polverosi, spogliatoi che puzzano, un allenatore dalle idee chiare ("mi raccomando ragazzi, in campo culo stretto..") e la vittoria finale contro gli avversari più quotati. Nel frattempo, la vita che avanza, i primi turbamenti, le ragazze, il futuro. Il campionato che finisce. E la vita che, invece, inizia.

 

Da Repubblica.it