Tra Rete e spot,
la rivincita dei dialetti

Dall'aranciata "siciliana" al deumidificatore "veneziano"
ecco come lingue e gerghi prendono spazio anche nella pubblicità

ROMA, 28 gennaio 2007. - Sono memoria collettiva, lessico familiare, storia di luoghi e di persone. Sono approdati dalla strada al web, dalla piazza alla Rete, e se ogni anno nel mondo ne muoiono 253 è anche vero che giorno dopo giorno a decine rinascono su internet, in un immenso archivio di idiomi e linguaggi che sta diventando una specie di cassaforte delle diversità. Dopo decenni di allarmi sulla scomparsa della lingua italiana, sia quella colta che quella quotidiana, oggi a sorpresa dialetti, gerghi, espressioni popolari, testimonianze vere e proprie di culture dimenticate, sono tornate a vivere on-line, con un moltiplicarsi di siti specializzati in lingue regionali, dizionari che traducono dall'italiano in dialetto, forum dove i vocabolari di frasi perdute vengono continuamente aggiornati attingendo alla memoria dei vecchi, dei ricordi familiari, delle tradizioni non ancora troppo intaccate dal vivere metropolitano.

Un'antropologia vivente delle parole a cui è dedicata una dettagliata ricerca di "Meta comunicazione", che partendo dall'analisi di quanto i dialetti siano tornati a essere presenti nella pubblicità, ha cercato e contato i siti web dedicati alle lingue locali, scoprendone a sorpresa migliaia, tra corsi per imparare il modo di parlare delle propria regione, pagine dedicate alle tradizioni popolari, indirizzi dove rintracciare filastrocche, proverbi e detti fino a ieri sepolti dal tempo.

Al di là delle classifiche che vedono i dialetti lombardo, veneto e romano in cima alla classifica di quelli più diffusi in rete, il dato interessante è che "il parlato" regionale sta colonizzando anche il mondo della pubblicità, dalle arance dell'aranciata San Pellegrino che cantano in siciliano, agli spot delle figurine Panini dove il linguaggio del tifo è diverso città per città, ai film a puntate dei cellulari Tim dove tra De Sica e Laganà il dialetto romano diventa idioma nazional popolare.

La tradizione più antica insomma e le forme di comunicazione più moderne. "Ci troviamo di fronte a un fenomeno che oggi si chiama glocal, ossia alla globalizzazione delle realtà locali - spiega l'antropologo Marino Niola - . La globalizzazione infatti se da una parte cancella spazi pubblici tradizionali come il bar o la piazza, dall'altra trasferisce questi spazi nella realtà virtuale e così assistiamo al recupero on line dei dialetti, delle tradizioni popolari. E mentre fino a qualche tempo fa la riscoperta delle nostre radici linguistiche era soltanto un processo colto, oggi sembra diventata un'esigenza collettiva di ricerca di identità".

Infatti se è vero che sul pianeta Terra si parlano 5.500 idiomi diversi, e di questi oltre 200 cadono in disuso anno dopo anno, è anche vero che negli ultimi anni c'è stato un recupero, nel parlato quotidiano, delle lingue regionali, una via di mezzo tra il dialetto e la lingua nazionale, cioè l'italiano. "E di questo cambiamento del lessico se ne sono accorti subito i pubblicitari - aggiunge Niola - che infatti hanno riempito gli spot di cadenze, mentre fino a qualche anno fa la lingua era quasi asettica. Un po' come è successo negli anni Cinquanta con la commedia all'italiana, tipo I soliti ignoti, che rilanciava l'uso del dialetto mentre la televisione cercava di insegnare e di unificare il Paese attraverso l'italiano".

E' come se in fondo, attraverso il messaggio glocal, e quindi la caccia alle proprie radici, ci fosse la voglia di ridisegnare quelle geografie che la globalizzazione cancella, un recupero della Torre di Babele che si oppone alle legge del globish, l'inglese planetario che dovrebbe unire (ma anche uniformare) popoli e nazioni. "In questo recupero dei dialetti sul web - conclude Niola - vedo una difesa delle biodiversità culturali a rischio d'estinzione. Una testimonianza che le tecnologie più avanzate possono convivere con le nostre memorie più arcaiche".

 

Da Repubblica.it