Un ragazzo tedesco
ucciso nel bosco

Di Marco Vichi.

Scesi dal letto e andai a sbirciare dalle stecche della persiana, senza aprire i vetri. Sull'aia, accanto alla mia macchina, c'era una Panda blu con il lampeggiatore sul tetto. Non era Camilla. Dentro la Panda c'era qualcuno seduto alla guida, ma un riflesso sul parabrezza m'impediva di vedere che faccia avesse. Aprii la finestra senza fare rumore e avvicinai la testa alla persiana per guardare in basso. Da sotto il loggiato sbucò un carabiniere grassoccio con il cappello in testa. Allargò le braccia in direzione della Panda e le lasciò ricadere sulle cosce, rassegnato. Stava per andarsene. Mi sistemai i capelli con le mani e mi affacciai fuori.

«Arrivo subito» dissi. Il carabiniere alzò gli occhi e mi inquadrò. «Dormiva?».

«Faccio in un attimo». Richiusi la finestra e mi vestii in fretta, pensando a dove potevo nascondere l'erba. Non sapevo dove metterla, e alla fine me la infilai nelle mutande. Cani non ne avevo visti. Scesi di sotto e uscii di casa. Il carabiniere era basso e grasso, con la faccia schiacciata e lo sguardo un po' vuoto. Doveva avere più di cinquant'anni.

«Sono il maresciallo Pantano» disse, con i pollici infilati nella cintura.

«Buongiorno».

«È lei Emilio Bettazzi?».

«Sì, perché?» chiesi, un po' preoccupato.

«Lo scrittore?».

«Sì...».

«Mia moglie ha letto tutti i suoi libri» fece lui, serio.

«Ah, mi fa piacere» dissi sollevato, ma anche stupito che in quella campagna sperduta ci fosse qualcuno che sapesse chi ero. Dai finestrini aperti della Panda uscivano nuvole di fumo.

«Io ne ho letto solo uno» disse il maresciallo.

«Quale?».

«Il titolo non me lo ricordo».

«L’anima nel pozzo?» suggerii. Era il libro che aveva venduto di più. Lui scosse la testa.

«Il ritorno del camaleonte?».

«Sì, forse è quello».

«Piaciuto?» chiesi. Il maresciallo strizzò le labbra.

«Abbastanza» disse. La sincerità era una bella cosa, ma sentii anche una puntura nelle costole per quell'apprezzamento troppo tiepido.

«Magari Il treno maledetto le piacerebbe di più». Cercavo di risollevarmi.

«Di lavoro cosa fa?» disse Pantano, ignorando la mia proposta.

«Lo ha detto lei. Lo scrittore».

«È molto che abita qui?».

«Dai primi di settembre. È successo qualcosa?».

«Questo dovrebbe dirmelo lei» disse il maresciallo alzando il mento.

«In che senso?»

«M'è arrivata alle orecchie una storiella...».

«Che storiella?».

«Che lei avrebbe sentito delle voci, su a villa Rondanini» fece il carabiniere accennando alla collina là davanti.

«È così importante?» dissi, sempre più stupito di quella visita.

«Mi scusi, quelle voci le ha sentite sul serio o è solo uno scherzo?».

«No... Cioè, credo di sì» dissi. Pantano si grattò la nuca.

«Le ha sentite o non le ha sentite?».

«Sì, le ho sentite». Non avevo motivo di mentire. Il maresciallo incrociò le braccia e fece un sospiro.

«È sicuro di quello che dice?».

«Be', sì» dissi, alzando le spalle. Pantano fece oscillare il capo, senza smettere di guardarmi.

«Il fatto è che in quella villa... non ci abita più nessuno da un sacco di tempo».

«Lo so, me l'hanno detto tutti».

«Se ha sentito davvero quelle voci sarà meglio andare a vedere».

«Perché?».

«Non si sa mai, è meglio controllare che sia tutto a posto».

«Posso chiederle un favore?».

«Mi dica».

«Vorrei venire con lei».

«Glielo avrei chiesto io» disse Pantano.

«Bene. Quando vuole andarci?».

«Subito».

«Non ho ancora preso il caffè».

«Poteva alzarsi mezz'ora prima». C'era qualcosa che non mi tornava in quella frase, ma lasciai perdere.

«Mi dia solo un minuto». Entrai in casa, e andai a nascondere l'erba in un cassetto di cucina. M'infilai il giubbotto e tornai dal maresciallo. Salimmo sulla Panda blu, lui davanti e io dietro. Il maresciallo mi presentò l'appuntato Mario Schiavo e partimmo.

«Dove andiamo, maresciallo?» chiese l'appuntato, con un forte accento abruzzese.

«Dalla signora Rondanini».

«A fare cosa?» dissi.

«Per chiederle di accompagnarci dentro la villa» disse il maresciallo.

«Ah, vuole entrare?».

«Quando si può è meglio fare le cose per bene».

«Certo».

«In paese stanno già parlando di fantasmi, e non mi piacciono queste coglionate. Preferisco chiarirle in fretta». Parlava con calma, e si rivelò più simpatico di quello che pensavo. Lungo la strada mi raccontò che una decina di anni prima era stato trovato un ragazzo tedesco morto in mezzo al bosco, sbranato da un cane. Era uno di quegli studenti che giravano il mondo da soli con lo zaino sulle spalle. In paese aveva cominciato subito a diffondersi la storiella dell'uomo lupo. Dopo il tramonto la gente non usciva più di casa, nemmeno con la luna nuova. La Casa del Popolo non era mai stata così deserta. Erano diventati tutti nervosi, e nelle famiglie rinchiuse fra quattro mura scoppiavano litigi che finivano spesso a botte. Se un cane abbaiava o guaiva durante la notte, la mattina dopo in paese non si parlava che di lupi mannari. Quella faccenda stava cambiando le abitudini di Fontenera e di tutti i paesi là intorno. Non era una bella cosa. Poi però non era successo più nulla, e lentamente tutto era tornato come prima. Ma nelle campagne bastava un nonnulla per far nascere leggende spaventose, e quella storiella delle voci misteriose di villa Rondanini poteva essere un cattivo inizio. Era meglio chiarire subito la questione, ribadì il maresciallo.

«E quella storia dei polli sgozzati?» dissi.

«È arrivato da poco ma vedo che è informato».

«In paese non parlano d'altro».

«Vuole che non lo sappia?».

«Magari anche quella faccenda potrebbe far nascere delle dicerie». «Stiamo indagando, ma secondo me è una faina mezza scema» disse il maresciallo, e l'appuntato sghignazzò.

«Magari non è una faina» insinuai.

«Una cosa per volta» disse Pantano, asciugandosi il sudore sul collo con il fazzoletto. Per cambiare discorso gli chiesi se sapeva qualcosa di quella brutta storia successa alla villa dei Rondanini. Pantano disse che la conosceva bene. Mi raccontò che all'epoca era appena arrivato a Fontenera come appuntato. Era andato proprio lui alla villa, con il maresciallo di allora, e aveva visto tutto. La povera donna con la pancia aperta, il cane con la testa sfondata dal colpo di fucile... Era entrato da poco nell'Arma, e quella era la prima volta che vedeva tutto quel sangue.

«Non vomitai, ma ci mancò poco» disse sorridendo. Schiavo continuava a guidare tranquillo, e ogni tanto mi lanciava un'occhiata dallo specchietto. Di sicuro anche lui conosceva bene quella vicenda, e non gli faceva più nessun effetto. Mi sporsi in avanti.

«È vero che il figlio della signora si è impiccato?».

«L'ho staccato io dalla corda. La lingua gli arrivava fino al mento».

«La signora Rondanini l'ho conosciuta a casa sua qualche giorno fa, per puro caso».

«Ha una nipote mezza matta». Si picchiò l'indice sulla tempia.

«Lo so, ho visto anche lei».

«Poveraccia... Meno male che quella sera non ha visto nulla» aggiunse il maresciallo.

«Dov'era?»

«Dormiva beata nella sua cameretta, con i tappi nelle orecchie».
 


(Continua)

 

(La Stampa.it)