Rinascimento,
quando i cinesi li copiavamo noi

In un saggio nuove teorie sui contatti tra Firenze e l’Oriente.
Lo scrittore: Rinascimento copiato da Zheng He. Gli storici: solo indizi.

L'ammiraglio Zheng He.1 dicembre 2009. - «Paolo il fisico, al Canonico di Lisbona. Ti ho parlato della via di mare da qui all’India (così era chiamata la Cina nel XV secolo): una strada che è più corta. E perciò mando a sua Altezza una carta disegnata con le mie mani, nella quale ho indicato la costa dell’Irlanda e, opposta ad essa, direttamente a Ovest, l’inizio dell’India e quante miglia tu devi fare prima di arrivare a questi posti che sono i più ricchi di ogni tipo di spezie, gemme e pietre preziose.

Nei giorni di Papa Eugenio IV è arrivato un ambasciatore del Gran Khan ed ho avuto una lunga conversazione con lui su molte cose».

«Paolo il fisico, a Cristoforo Colombo. Io avverto il vostro magnifico e grande desiderio di navigare verso l’Est da Ovest. Vi mando la copia della lettera inviata al Canonico di Lisbona per il viaggio che non solo è vero che sia possibile, ma anche è certo che sarà onorevole, porterà profitti incalcolabili e grande fama a tutti i Cristiani». In questa lettere, scritte nel 1474 dal fisico e astronomo fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli al canonico Fernan Martinez de Roriz, confessore di Re Alfonso e della corte del Portogallo, e a Cristoforo Colombo, potrebbe nascondersi la prova che il navigatore genovese è arrivato in America grazie a carte cinesi e che tutto partì da Firenze.

RINASCIMENTO COPIATO DA ZHENG HE? - Ma non solo: secondo Gavin Menzies, storico dilettante, ex sommergibilista inglese, l’arrivo di un’ambasciata cinese nel 1434 e il massiccio trasferimento di tecnologie orientali fu all’origine del Rinascimento, di molte delle invenzioni di Leonardo, di innovazione decisive nella lavorazione della seta e per lo sviluppo delle risaie venete e lombarde. Colpevole, l’am­miraglio Zheng He, eunuco, musulmano, grande navigatore (celebre la spedizione del 1405 con 317 navi e 28.000 soldati a bordo che raggiunse le coste orientali dell’Africa, il Mar Rosso, Giappone e Corea) che nel 1434 arrivò a Venezia, guidando un’ambasciata che aveva scopi commerciali, ma anche l’incarico di parlare con il Papa.

L’incontro con Eugenio IV ci fu, proprio a Firenze, e lì Paolo dal Pozzo Toscanelli parlò con l’ambasciatore e avrebbe appreso molte cose, copiando anche le carte geografiche elaborate proprio grazie ai viaggi di Zheng He. Sempre attingendo alle conoscenze portate dai cinesi — sostiene Menzies nel suo libro 1434, l’anno in cui una magnifica flotta cinese sbarcò in Italia e dette inizio al Rinascimento , dispo­nibile per adesso solo in inglese — l’ambiente fiorentino dette vita a quel fenome­nale movimento.

Firenze e la Cina aveva­no contatti da due secoli (nel 1225 lo storico Zhao Ruqua parlava dei fiorentini nella sua «descrizione dei popoli barbari» e la Fiorenza era nota come Farang o Fulin), la città toscana era piena di schiave arabe, russe e mongole, i suoi commercianti giravano mezzo mondo, proprio in quell’anno Cosimo de’ Medici tornava in città dopo l’esilio e gli indizi «cinesi» scovati da Meniez sono intriganti.

Nel giallo, oltre a Zheg He (ritenuto anche scopritore di America, Nuova Zelanda, Australia e Antartide) e Colombo sono coinvolti Leonardo da Vinci e Papa Eugenio IV, Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Mariano Taccola, Medici e Visconti, Amerigo Vespucci, Magellano, la conquista di Pisa da parte di Firenze nel 1406, un dipinto del Pisanello (datato 1433-1438, vi si vedono un ammiraglio mongolo assieme a soldati cinesi, bufali d’acqua e navi simili a quelle di Zheng), il veneziano Niccolò da Conti e altro ancora.

GLI STORICI RIBATTONO: SOLO INDIZI - Tutto vero? No, per lo storico Franco Cardini, perchè alcuni indizi non fanno una prova. E perchè la tentazione codice­davinciana è sempre dietro l’angolo. No, anche secondo gli esperti dell’Istituto Geografico Militare di Firenze. «Che Zheng He possa essere arrivato in America è un’ipotesi, ma ciò non ebbe nessun effetto reale esplicito ed è ancora più difficile pensare ad un effetto implicito come carte di navigazione copiate da Paolo dal Pozzo Toscanelli — dice Franco Cardini — È facile prendere alcuni indizi isolati, fare di analogie sporadiche una teoria.

Le conoscenze cartografiche all’epoca arrivavano anche dall’islam turco e persiano, che forse mediava conoscenze cinesi, ma proprio in quel tempo la Cina iniziò la chiusura che sarebbe durata per secoli. A Firenze c’era dimestichezza con l’Oriente, c’erano schiave arabe e tartare che parlavano quelle lingue, i meticci non facevano scandalo e lo era anche Alessandro de’ Medici, con il Concilio del 1439 arrivarono missioni diplomatiche da Russia, Etiopia e il veneziano Niccolò de Conti conosceva l’India, ma che le carte di Colombo fossero cinesi è solo un’idea strampalata». «La carta inviata da Toscanelli al Re del Portogallo prima e a Colombo poi non esiste, è andata persa— sottolinea Andrea Cantelli, responsabile dell’area cartografica dell’Istituto Geografico Militare — e quindi ogni confronto è impossibile, con carte di qualsiasi provenienza ».

EFFETTO DAN BROWN - Carte a parte, davvero le conoscenze cinesi copiate dai fiorentini innescarono il Rinascimento? «L’effetto Dan Brown — ride Cardini — è sempre in agguato. Il Concilio di Firenze del 1439 portò molte conoscenze filosofiche e letterarie dall’Oriente ed altrettanto fecero i dotti in fuga da Costantinopoli dopo la conquista della città da parte di Maometto II nel 1453, ma lo scambio tra Oriente e Occidente c’è sempre stato, tanto che era comune il fenomeno dei finti ambasciatori cinesi che giravo le corti cercando di fare affari e truffare e che i testi scientifici greci ci sono arrivati attraverso gli arabi. Chissà se a Firenze venne Vlad Tepes III, Dracula, per incontrare Papa Pio II che gli scriveva per chiedergli aiuto nella crociata contro i turchi, e può darsi che anche l’ambasciata cinese dell’ammiraglio passasse in città. Ma se Zheng He raggiunse l’America non se ne accorse nessuno allora; e lo stesso sa­rebbe oggi se non ci fossero certi libri...».

(Mauro Bonciani / corriere.it)