Cronistoria di un rinnovo
del passaporto a Città del Messico

Mario Santocchi.

29 marzo 2011. - Mi chiamo Mario Santocchi. Con la mia famiglia, moglie e tre figli, mi sono trasferito in Messico da 15 anni, fortunatamente nel lasso di questo tempo non ho mai avuto necessità di recarmi all’ambasciata italiana di Città del Messico, da vari connazionali conosciuti in questi anni avevo saputo che il tratto del personale addetto dell’ambasciata non era certamente dei migliori.

Sin qui tutto nella norma, pensavo che il loro modo di fare era tipico dei burocrati italiani che, secondo il loro parere, lavorano malvolentieri con la scusa di essere sottopagati e intoccabili. Però per il fatto che il passaporto di mia moglie e il mio scadevano, inizio a documentarmi su internet sui documenti necessari per il rinnovo. Trovata la pagina del consolato italiano in Messico inizio a chiedere chiarimenti via e-mail all’impiegata addetta ai passaporti, e con molta sopresa la suddetta mi risponde il giorno successivo all’invio. E' stata tanta la sorpresa di una risposta così celere che mi sono persino congratulato con l’impegata.

Invio la documentazione richiestami e dopo vari giorni riscrivo per sapere quando li avrebbero restituiti. La risposta è stata chiara: non potevano rimandarli perchè per le nuove normative era necessario presentarsi personalmente agli uffici consolari su appuntamento, per registrare le impronte digitali. Da qui incomincio a dubitare sull’efficenza e professionalità della signora: come mai non ci aveva detto nulla la prima volta che ci ha risposto?

Per causa di forza maggiore prendiamo un appuntamento per il giorno lunedì 21 di marzo. La domenica 20 io e mia moglie partiamo dalla città di Oaxaca per stare il lunedì mattina all’ambasciata. Faccio notare che vivo a 7 ore di pulman da Città del Messico. Arrivati a destinazione alloggiamo in un hotel e la mattina successiva eravamo pronti per recarci agli uffici. L'impiegato dell’hotel che stava chiamando un taxi però ci fa notare che il il 21 è festa nazionale e che era meglio telefonare per accertarsi se gli uffici erano aperti.

Cortesemente fa il numero dell’ambasciata ma non risponde nessuno, solo una segreteria telefonica; proviamo con tutti i numeri telefonici trovati nella pagina internet ma nulla sempre la stessa segreteria telefonica, dopo svariati tentativi in diverse ore della mattina concludiamo che sicuramente sono chiusi e perciò riserviamo per un’altra notte per recarci così il giorno 22 agli uffici.

La mattina del 22 stessa storia nessuno rispondeva a nessun numero telefonico,ma sicuri che qualcuno ci doveva essere prendiamo un taxi e partiamo. Dopo quasi un’ora di viaggio arriviamo finalmente al consolato, nessuna bandiera alla vista solo il simbolo della repubblica sopra una porta d’ingresso, ci diciamo io e mia moglie sorridendo “saranno della lega… per questo non sventola nessun tricolore”. Faccio notare che le altre ambasciate limitrofe sfoggiano tutte la loro bandiera.

Logicamente per motivi di sicurezza tutto era chiuso, suoniamo il campanello varie volte, all’ultimo tentativo si apre di uno spiraglio la porta e una guardia di sicurezza messicana, evidentemente scocciato dal suono del campanello, bruscamente in spagnolo ci indica un’altra entrata. Andiamo nell’altra entrata suoniamo di nuovo e anche lì un altro messicano che ci apre, lo saluto in italiano ma questo mi risponde in spagnolo e con modi quasi fantozziani ci inizia a fare un mucchio di domande, sempre in spagnolo, deduciamo che è un filtro della sicurezza e rispondiamo a tutte le sue domande.

Ci chiede una identificazione, ci richiude la porta in faccia e sparisce; dopo poco sempre con i suoi modi da Fantozzi, con l’atteggiamento che quasi ci stava facendo un favore, ci dice che ci fa entrare. Una volta dentro ci ritroviamo in una saletta scarna, senza una bandiera, un po' di fogli informativi, uno dei quali specificava i costi delle poche cose che c’erano con dei prezzi ridicoli, (piacerebbe anche a me comprare a quei prezzi dichiarati), una cartina d’Italia di plastica in rilievo di quelle che si vedono nelle scuole e niente altro.

Dopo un po' di tempo di attesa riesco a salutare l’impiegata, spiegandole che il giorno prima non eravamo andati perchè era un giorno festivo; in risposta mi dice che già non avevo nessun appuntamento che ci aspettava e che ci dovevamo presentare il giorno prima. Le faccio notare che avevamo telefonato tutta la mattina e che nessuno rispondeva e credevamo che era chiuso, a questo punto la gentilissima signora che mi rispondeva via e-mail ha cambiato totalmente atteggiamento, risentita per il fatto che le veniva rimproverato che nessuno dei vari impiegati si era degnato di sollevare un telefono ci dice di stare tranquilli altrimenti in qualche modo ci sarebbero state delle conseguenze. Non so sinceramente di che genere ma per non rimanere giorni in più in hotel con le relative spese extra non considerate e anche perchè dovevamo a forza ritornare a casa il giorno dopo, ci siamo sottomessi alla sua volontà e abbiamo lasciato da parte le nostre legittime lamentele.

Terminata la discussione (avuta tramite un vetro blindato) ci siamo seduti, gli altri italiani che erano nella saletta naturalmente avevano ascoltato tutto e hanno incominciato a dire la loro, tutti indistintamente avevano tentato di comunicarsi via telefonica e tutti non avevano ricevuto risposta. La domanda di tutti era: perchè pagare tante linee se poi nessuno risponde? E in caso di emergenza? Stiamo parlando dell’ambasciata di Città del Messico, la città più grande del mondo e tra le più pericolose …

E non finisce qua, l’impiegata per ripicca ci ha fatto aspettare dalle 10.40 sino alle 13.00 facendo passare tutti quelli che arrivavano con o senza appuntamento. In queste interminabili ore di attesa uscivamo a sgranchirci e non c’è stata una sola volta che fuori non ci fosse qualche italiano che discuteva con il portiere. Il peggiore dei casi è stato di un salernitano in vacanza qua in Messico e che non parlava una parola di spagnolo, era in uno stato veramente alterato e quando ci ha visti uscire ci ha chiesto aiuto, era arrabbiatissimo per il fatto che non concepiva come mai in una ambasciata italiana non mettevano gente che perlomeno capisse l’italiano.

Il fatto era che era sparita sua moglie con il bambino di 5 anni e non sapeva a chi rivolgersi, telefonando la solita storia, nessuno rispondeva, era arrivato con un taxi di tutta fretta e il tipo fantozziano visto che non capiva che stava dicendo o accadendo non lo lasciava entrare… Cose dell' altro mondo diceva, effettivamente quando si è all’estero l’ambasciata è un pezzetto di patria dove credi di trovare aiuto, entrarci dovrebbe farci sentire in casa ma purtroppo non è così, certamente i tagli economici si fanno sentire ma prima di assumere gente del luogo perlomeno accertarsi che parlino la lingua italiana.

Come si può assumere qualcuno a caso? L’unica risposta sarebbe che sono volontari non pagati, ma non credo che sia così; secondo,come ho già scritto,….perchè spendere in tante linee se poi non rispondono? Rispondere non ha nessun aggravio sui costi dell’ambasciata, l’unica cosa italiana che ho notato è stata l’attitudine classica degli impiegati, questo si è veramente italiano, e ritornando ai tagli economici non credo che in fin dei conti siano così pesanti visto che di fronte all’entrata principale c’era parcheggiato un Dodge charger 8 cilindri nuovo fiammante con targa diplomatica. Visto i costi di alimentazione e manutenzione di una macchina così non dà l’idea che se la passino poi così male, anzi visto che paga lo stato un 8 cilindri va più che bene, peccato che non lo facciano di 12 cilindri sennò l’avrebbero comprato. Per di più nessuna delle macchine viste fuori dell’ambasciata con targhe diplomatiche erano di marca italiana e pensare che ci sono Fiat e Alfa Romeo, macchine che non hanno nulla da invidiare alle altre marche, che pubblicità facciamo se gli stessi diplomatici rifiutano le nostre marche? Perlomeno che non ci mettano le targhe diplomatiche così passerebbero perlomeno inosservati.

Sono cosciente che non sono un buon scrittore però credo di aver dato un’idea di come vengano spesi male i soldi dei contribuenti italiani e che classe di servizio danno i nostri impiegati all’estero.

Distintamente i miei più cordiali saluti.
 

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La risposta di Giovanni Capirossi, Direttore di Punto d'incontro

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27 de marzo 2011. - Mi nombre es Mario Santocchi. Con mi familia, esposa y tres hijos, me transferí a la República Mexicana hace 15 años y, afortunadamente, en este período nunca tuve la necesidad de ir a la Embajada de Italia en la Ciudad de México. Había oído de varios compatriotas en los últimos años que el trato del personal de la embajada no era ciertamente el mejor.

Hasta este punto, todo normal. Pensé que el trato era típico de los burócratas italianos que, en su opinión, trabajan de mala gana con la excusa de estar mal pagados y la sensación de ser intocables. Pero, dado que el pasaporte de mi esposa y el mío estaban próximos a vencer, empiezo a averiguar en Internet acerca de los documentos necesarios para la renovación. Una vez encontrada la página del Consulado italiano en México comienzo a hacer preguntas a través del correo electrónico a la empleada encargada de este tipo de trámites y —con gran sorpresa— recibo una respuesta al día siguiente. Fue tan inesperada una respuesta tan rápida que inclusive felicité a la empleada.

Envío la documentación requerida y después de varios días vuelvo a escribir para saber cuándo los devolverían. La respuesta fue clara: no podían mandarlos de vuelta, porque de acuerdo con las nuevas reglas era necesario ir personalmente a las oficinas consulares con cita previa, para registrar las huellas dactilares. A partir de aquí empecé a dudar de la eficiencia y del profesionalismo de la señora: ¿por qué no había dicho nada la primera vez que contestó?

Debido a causas de fuerza mayor fijamos una cita para el lunes 21 de marzo. El domingo 20 mi esposa y yo salimos de la ciudad de Oaxaca para estar el lunes por la mañana en la embajada. Vivo a 7 horas en autobús de la ciudad de México. Al llegar nos registramos en un hotel y la mañana siguiente ya estábamos listos para trasladarnos a las oficinas. El empleado del hotel, que nos estaba consiguiendo un taxi, nos hace notar que el 21 es día de fiesta nacional y que era mejor llamar para ver si las oficinas estaban abiertas.

Amablemente marca el número de la embajada, pero nadie responde, sólo un contestador automático. Intentamos todos los números que se encuentran en el sitio web, pero nada, sigue contestando la misma máquina. Después de varios intentos a diferentes horas de la mañana llegamos a la conclusión que seguramente están cerrados y por lo tanto reservamos para otra noche con la finalidad de acudir el día 22 a las oficinas.

La mañana del día 22 sucede lo mismo: nadie contesta en cualquiera de los números de teléfono, pero —seguros de que alguien tenía que estar— tomamos un taxi y nos vamos. Después de casi una hora de viaje llegamos finalmente al consulado. Ninguna bandera a la vista, sólo el símbolo de la república arriba de una puerta. Mi esposa y yo comentamos, sonriendo, "serán miembros de la Lega ... por esto no ondea ninguna bandera". Hago notar que todas las otras embajadas cercanas muestran su lábaro.

Obviamente, por razones de seguridad, todo estaba cerrado. Tocamos al timbre varias veces y —en el último intento— la puerta se entreabre y un guardia de seguridad mexicano, al parecer molesto por el sonido del timbre, nos indica abruptamente en español otra entrada. Vamos a la otra entrada y ahí nos abre otro mexicano. Lo saludo en italiano, pero éste me responde en español y de manera casi fantozziana comienza a hacernos un montón de preguntas, siempre en español. Deducimos que se trata de un filtro de seguridad y las contestamos todas.

Nos pide una identificación, vuelve a cerrarnos la puerta en la cara y desaparece. Después de unos instantes, siempre con su actitud fantozziana y haciéndonos sentir que nos estaba haciendo un favor, nos dice que podemos pasar. Una vez adentro nos encontramos en una habitación desnuda, sin una bandera, con unos pocos folletos informativos, uno de los cuales especificaba el costo de las pocas cosas que se encontraban ahí con unos precios ridículos (a mi también me gustaría comprar a esos precios), un mapa de Italia de plástico en relieve —como los que se ven en las escuelas— y nada más.

Después de unos momentos, logro saludar a la empleada, explicándole que el día antes no habíamos ido porque era un día festivo. En respuesta me dice que ya había perdido mi cita y que tendríamos que habernos presentado el día anterior. Le hice notar que habíamos llamado durante toda la mañana y que —como nadie contestaba— pensamos que las oficinas estaban cerradas. A partir de ese momento, la amabilísima señora que me había contestado por correo electrónico cambió totalmente su actitud, resentida por el hecho de que se le estaba acusando de que ninguno de los empleados se había dignado a levantar el teléfono, y nos pide que nos tranquilicemos, de lo contrario habría consecuencias. Honestamente no sé de qué tipo, pero para no quedarnos más días en el hotel con los relativos gastos extraordinarios no programados y también porque teníamos forzosamente que regresar a casa al día siguiente, nos sometemos a su voluntad y reprimimos nuestras legítimas quejas.

Una vez finalizada la discusión (que tuvo lugar a través de un vidrio a prueba de balas) nos sentamos. Los demás italianos que estaban en la sala, obviamente, habían escuchado todo y comenzaron a expresar su opinión: todos habían tratado de comunicarse por teléfono y nadie había recibido ninguna respuesta. La pregunta de todos fue: ¿Por qué pagar por tantas líneas si nadie contesta? ¿Y en caso de emergencia? Estamos hablando de la Embajada de la Ciudad de México, la ciudad más grande del mundo y entre las más peligrosas ...

Y no termina aquí, la empleada, en represalia, nos hizo esperar desde las 10,40 hasta las 13,00 hrs. dejando pasar todos los que llegaban con o sin cita previa. En esas interminables horas de espera salimos varias veces a estirar las piernas y no hubo vez en que afuera no hubiese algún italiano discutiendo con el hombre de la recepción. Lo peor fue el caso de una persona de Salerno, de vacaciones aquí en México, que no hablaba una sola palabra de español, se encontraba muy nervioso y cuando nos vio salir nos pidió ayuda. Estaba muy enojado ya que no concebía que en la embajada de Italia no hubiese gente que, por lo menos, pudiese entender el italiano.
 

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La respuesta de Giovanni Capirossi, Director de Punto d'incontro

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