4 dicembre 2008. - La prima volta in un teatro di guerra: l'Afghanistan. La prima missione all'estero per tre militari abruzzesi, tra cui una donna. Daniela De Gregorio, 28 anni, di Gessopalena in provincia di Chieti, caporal maggiore fuciliere dell' 8° Reggimento Alpini della Brigata Julia. Daniela è una volontaria in ferma prefissata quadriennale (vfp4) ed è arrivata lo scorso ottobre in Afghanistan dove rimarrà sei mesi. Per uno strano scherzo del destino, Daniela ha un fratello nel 9° Reggimento Alpini dell'Aquila - Brigata Taurinense - che è appena rientrato dall' Afghanistan. Nella nostra mente è ancora impressa la toccante cerimonia di rientro, svoltasi qualche giorno fa in piazza Duomo all’Aquila, alla quale erano presenti i genitori del maresciallo Luca Polsinelli, morto a Kabul, ed il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Insieme con Daniela, nell' 8° Reggimento c'è un altro abruzzese: il caporale Alessandro Pace, 23 anni, di Cavalletto d'Ocre, nei pressi dell’Aquila, anch’egli un vfp4. Non ci dobbiamo però far ingannare dalla loro giovane età. Pur ammettendo di avere un po' di apprensione, la passione che li ha spinti ad entrare nell'esercito e la forte motivazione in quello per cui sono stati addestrati sono stati molto più forti.
Oltre ai due
alpini è "atterato", alla base del PRT, il capitano dell' aeronautica
militare Vittorio Visini, anch’egli abruzzese di 31 anni, di Pescara.
Arruolatosi nel 1996, si è laureato in ingegneria civile all'Accademia
aeronautica di Pozzuoli. I nostri militari li abbiamo incontrati a "Camp
Vianini", base del PRT (Provincial reconstruction team) di Herat, dove
svolgono un'attività molto importante a favore della popolazione afgana. Ma
che cos'è il Provincial recostruction team di cui i tre militari abruzzesi
fanno parte? Il PRT è uno degli strumenti più importanti della missione Nato
Isaf (International security assistance force) in Afghanistan. Tre sono le
finalità della missione: Sicurezza, Ricostruzione e Governabilità. Il PRT si
occupa appunto di tutto questo, ma in particolar modo della ricostruzione, e
ha un suo cuore pulsante nel Cimic (Civil military cooperation) Center.
Praticamente due componenti che collaborano tra loro, quella militare e
quella civile. La parte militare dipende dal ministero della Difesa, quella
civile dal ministero degli Affari esteri.
Il PRT è comandato dal colonnello Luca Covelli, sempre dell' 8° Reggimento
Alpini, invece il responsabile della parte civile è il dottor Alberto Vecchi,
funzionario della Farnesina. Le due componenti hanno un budget annuale di
circa 5 milioni di euro, assicurato dai rispettivi ministeri. Questi
finanziamenti permettono al Cimic di studiare e realizzare i progetti di
opere, al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione. Il
capitano Visini, come ingegnere civile, si occupa appunto dei progetti,
invece i due giovani alpini si prodigano per la sicurezza del PRT e della
attività del Cimic. Dobbiamo però sottolineare un aspetto molto importante
di questa attività. E' vero che noi italiani ci occupiamo dei progetti, ma
per quanto riguarda la realizzazione delle opere, questa è condotta
esclusivamente da ditte locali. In pratica i vertici del PRT si incontrano
con le autorità locali, ascoltano le loro richieste e da quel momento i
nostri tecnici si mettono a lavoro. Una volta terminata la fase di
progettazione, viene condotta una gara d'appalto a invito tra le ditte
locali. Di solito le urgenze più sentite spaziano in tutti i campi. Non
dimentichiamoci che l'Afghanistan è uno dei dieci paesi più poveri del
mondo.
Da quando è nato, nel 2005, il PRT ha portato a termine 512 progetti e attualmente ve ne sono 42 in "progress". Come ricordavamo, l'Afghanistan è un paese molto povero. Un paese che ha bisogno di tutto: scuole, ambulatori medico-sanitari, strutture per le forze di polizia e della sicurezza, pozzi e acquedotti per l'acqua, tanto per fare alcuni esempi. A proposito di opere necessarie, durante la nostra visita al PRT di Herat, il colonnello Covelli, esponendo i vari progetti realizzati, ci ha parlato di una piccola fognatura in muratura di 300 metri. Per noi può sembrare una banalità, ma in molti villaggi dell' Afghanistan esistono solo fogne a cielo aperto. A Herat, la città economicamente più importante, la situazione non è molto diversa. Il problema più grande è, come sempre, per i bambini che spesso giocano in questi canali e purtroppo in estate si ripresentano casi di colera. Per fortuna proprio i bambini, come tutte le persone bisognose, sono al centro delle preoccupazioni del PRT. Grazie al comandante Covelli e al dottor Vecchi abbiamo potuto visitare un orfanotrofio costruito con il contributo italiano nel 2006. Che i bambini afgani fossero belli, lo sapevamo tutti. Ormai storica la foto della bambina dagli occhi verdi. Sono veramente belli, sorridono e ci salutano con la mano. Aspettano i militari italiani che portano loro sempre qualcosa, si accontentano di poco.
Mi viene da
pensare ai nostri bambini italiani: vogliono la play station, la borsetta o
lo zaino firmato sennò - così dicono - “il compagno di classe mi prende in
giro”. A 14 anni il motorino, poi la macchina. In questo momento in Italia
come nel resto del mondo si parla di crisi, in Afghanistan di questa parola
non conoscono nemmeno il significato. Alcuni bambini dell'orfanotrofio di
Herat vanno scalzi, giocano con i sassolini, hanno uno scivolo lontano anni
luce da quelli dei nostri parco giochi. Nelle loro stanze solo qualche
peluche. Accompagnati sempre dal colonnello Covelli e dal dottor Vecchi
andiamo vedere una scuola in costruzione.
Gli operai locali, dopo un'iniziale diffidenza, una volta avvicinati con il
classico saluto “salam aleykom” si mettono pure in posa per una foto
regalandoci un sorriso, al quale rispondiamo con un semplice tashakor (grazie).
Accanto un'altra scuola già finita e funzionante. In questo periodo, in
alcune aule dell'edificio, si sta procedendo al "Voter registration" (registrazione
dei votanti). Anche questa attività è supportata dal PRT. In vista delle
prossime elezioni presidenziali nella primavera del 2009 (le ultime elezioni
si sono svolte nel 2004 con la vittoria del presidente Karzai) si registrano
tutte quelle persone che nella scorsa tornata elettorale non hanno potuto
votare a causa di innumerevoli problemi. Per dovere di cronaca dobbiamo
ricordare che il PRT italiano non è il solo che opera nel Paese. La regione
ovest dell'Afghanistan, che è quella da noi visitata, è divisa in quattro
province: Herat, Farah, Ghor e Badghis. Ognuna ha nel suo territorio un PRT.
Il PRT italiano a Herat, quello americano a Farah, quello lituano a Ghor e
infine quello spagnolo a Badghis. Su quest'area esercita la sua
responsabilità il Regional command West (Rcw) a guida italiana, attualmente
costituito dalla Brigata alpina Julia, comandata dal gen. Paolo Serra.
Il Generale ci ricorda di aver comandato, nel 1999, con il grado di Colonnello, il 9° Reggimento Alpini L’Aquila. Questo rafforza ancora di più il legame tra il nostro Abruzzo e l'Afghanistan. Nella base dell' Rcw incontriamo quasi per caso un altro abruzzese, nativo dell'Aquila, Il maggiore Marco De Lillo dell' 8° Reggimento Alpini. Laureato in ingegneria civile, è un consigliere del comandante per quanto riguarda l'attività operativa tattica. Il Maggiore è alla sua quarta missione all'estero, la prima in Afghanistan. Le altre tre le ha svolte due in Bosnia e una in Kosovo. In Bosnia ha rischiato di saltare sopra una mina, poiché uno dei suoi compiti è proprio quello di bonificare il tragitto delle truppe. Non a caso l'abbiamo fotografato sopra il buffalo, un mezzo di produzione americana adatto allo scopo: con un braccio meccanico sonda il terreno per tirare fuori gli ordigni esplosivi.
Il maggiore De Lillo è anche a capo di un team specializzato, costituito da poco tempo, di tre persone appartenenti all'Esercito e ai Carabinieri. É una specie di "polizia scientifica" che si reca sul luogo degli attentati per prelevare eventuali prove. Il Maggiore è stato il responsabile della costruzione del ponte a Bala Morghab. L'opera è stata fortemente voluta dalle autorità locali poiché il vecchio ponte, fatto di tubi e lamiere, era ormai impraticabile. La struttura, lunga 45 metri e larga 5, è necessaria per l'attraversamento della città di Bala che è praticamente tagliata in due dal fiume Murghab Pashtun. É un motivo di orgoglio per i militari italiani aver costruito quest'opera, perché un ponte di questa portata non era mai stato realizzato in Afghanistan.
Anche per me è stata la prima volta. La prima volta in un teatro di guerra come l'Afghanistan. Avevo paura, non lo nascondo. Fino all'ultimo sono rimasto nel dubbio, un dubbio amletico: partire o non partire. Più d’una volta sono stato sul punto di gettare la spugna, ma all'ultimo la mia motivazione è stata più forte. Le cose nella vita o si realizzano o si sognano. E il sottoscritto l'età per sognare l'ha passata da un po'. Qualcuno ha detto che se vai una volta in Afghanistan, prima o poi ci ritorni.