Il Big Bang: il tutto dal nulla

Prima Parte.
Di Claudio Bosio.

 

«Dieci o venti miliardi di anni fa,  accadde qualcosa:
vi fu il “big bang”, l’evento che diede inizio al nostro Universo
Perché sia accaduto, è il più grande mistero che conosciamo.
Del fatto che sia accaduto, abbiamo una ragionevole certezza.
»

                               Carl Sagan (1934 -1996)

 

16 luglio 2010. - Parlare di “un qualcosa” successo 13,7 miliardi di anni fa, quando il tutto è sorto dal nulla, quando non esistevano né lo spazio né il tempo, potrebbe sembrare un’impresa demenziale. Ancor più inammissibile sembrerebbe il saper circostanziare l’avvenimento con dati scientifici, per di più basati su numeri con una caterva di zeri. Eppure è proprio così: sul Big Bang si conosce tutto quello che serve per descriverne, scientificamente, la genesi e l’evoluzione.

Non possediamo le foto dell’evento[1] però abbiamo a disposizione immagini del proto-Universo, ottenute con il telescopio spaziale Hubble: le galassie più deboli, lontane circa 12 miliardi di anni luce, mostrano l'Universo come era quando la sua età era meno del 10% dell'età che ha oggi.

Esse sono 4 miliardi di volte più deboli del limite della visione umana.

Per renderci meglio conto di questa affermazione, si consideri che la luce proveniente dalle galassie più lontane è uguale a quella emessa da una lampadina da 100 Watt posta a 16 milioni di km di distanza.

Comunemente si pensa che i telescopi servano per vedere: in realtà il telescopio è una macchina per risalire nel tempo. Dato che la velocità della luce è finita, anche se molto grande, quella che ci arriva oggi da galassie molto distanti è partita milioni o miliardi di anni fa, quindi ci fornisce un'immagine di come queste erano milioni o miliardi di anni prima, durante le prime fasi della loro vita. Più distante è un oggetto nello spazio, più "giovane" lo vediamo.

Questo vuol dire che noi non possiamo vedere lo stato attuale dell’Universo. Lo vediamo com’era, in tempi diversi e lontanissimi dall’epoca attuale. Non tutto l'Universo, comunque, è accessibile alle nostre osservazioni, indipendentemente dalla potenza degli strumenti astronomici: se osserviamo per esempio la galassia più vicina alla nostra, quella di Andromeda, distante da noi "soltanto" due milioni di anni-luce, possiamo osservarla soltanto com'era 2 milioni di anni fa, ma non com'era, poniamo, 1 milione di anni fa: la luce che essa ha emesso in quel momento ci arriverà solo tra 1 milione di anni.

Se guardo una persona di fronte a me, la vedo com’era 1/100 di microsec fa, cioè il tempo che la luce ha impiegato ad arrivare sino a me. Rapportata all’Universo, la velocità della luce (circa 300.000 km/sec) è risibile: la luce del sole impiega, a raggiungerci, 8’, la luce della luna ½ sec., quella di Vega, la stella a noi più vicina, 8 anni.

Si parla di anni-luce, cioè miliardi di anni, essendo un anno-luce pari a circa 9.460.000.000.000 km...  Ma, ci rendiamo conto di cos'è un miliardo?

Il miliardo, nel mondo moderno, viene per lo più usato come unità di misura monetaria, e a noi, cresciuti e formati sulle vecchie lire, potrebbe apparire una quantità “a misura d'uomo”, in fin dei conti maneggiabile.

Ma un semplice esercizio di computazione ci può facilmente convincere del contrario: per contare a voce da 1 a 1 miliardo, ipotizzando per comodità un ritmo di un numero al secondo (si provi però a pronunciare, per esempio, 849.765.312 in un secondo...) sono richiesti più di 30 anni della nostra vita, contando ininterrottamente per 24 ore/giorno.

 

Ciò nondimeno, fino a pochi decenni fa si credeva che:

    l’Universo fosse statico ed eterno

    la nostra Galassia (la «Via Lattea») costituisse l'intero Universo

    tutte le stelle e le nebulose visibili ne facessero parte integrante

 

Questa concezione fu interamente “scombussolata”, intorno agli anni ’20, da un astronomo americano, Edwin Powell Hubble (1889-1953), il quale fece due sconvolgenti scoperte, e cioè che:

  1. esistono “altre” galassie, esterne alla Via Lattea e molto distanti da noi

  2. tutte le galassie si stanno allontanando da noi

Questa “rivoluzione-copernicana-bis”, ebbe inizio nel 1923, quando Hubble identificò una stella variabile cefeide[2] in una nebulosa e dimostrò che si trovava molto distante dalla Via Lattea. Venne così riconosciuto che la maggior parte delle nebulose erano galassie separate, ciascuna delle quali composta da miliardi di stelle, proprio come la Via Lattea.

La seconda scoperta di Hubble è del 1929, quando osservò che l'Universo si sta, in realtà, espandendo: gli ammassi di galassie si allontanano tra loro con una velocità che è proporzionale alla loro distanza reci­proca. L'ammasso della Chioma di Berenice, per esempio, si allontana da noi a 7 mila km al secondo.

In effetti Hubble trovò una relazione matematica lineare fra distanza e velocità. Questa viene ora chiamata costante di Hubble, o legge di Hubble:

V=Ho d

dove

"v" è la velocità di ogni galassia (come viene osservata da un'altra) e "d" è la distanza esistente fra loro. "Ho" è il valore della costante di Hubble.

Questa legge, espressa in termini così elementari, afferma che c'è una relazione diretta fra la distanza di una galassia da noi e la velocità a cui si allontana. In termini semplici, una galassia più lontana si allontanerà a velocità maggiore di una galassia più vicina. La velocità reale di una data galassia a una distanza determinata è data da quella distanza moltiplicata per la costante di Hubble.

La costante di Hubble si misura in chilometri al secondo [di velocità] per megaparsec [di distanza].

Il valore originale di Ho derivato da Hubble era intorno a 500 km/sec per megaparsec[3] di distanza, ma studi più recenti hanno condotto a valori compresi tra i 50 e i 100 Km/sec per megaparsec; ovvero, le galassie si muovono con velocità che crescono di 50-100 Km/sec per ogni megaparsec di distanza da noi.

Dopo le scoperte di Hubble, fu subito chiaro che se tutte le galassie (o gli ammassi di galassie) si allontanano tra loro, allora vuol dire che molto tempo fa esse erano molto più vicine le une alle altre di quanto lo siano oggi. Anzi, ci sarebbe stato necessariamente un momento iniziale (“0”) in cui tutte le stelle e le galassie oggi visibili si trovavano nello stesso punto.

Gli scienziati conclusero allora che l'Universo ebbe inizio con un evento detto Big Bang, una grande esplosione che, secondo le stime più recenti, si sarebbe verificata circa 13,7 miliardi di anni fa.

(Il termine esplosione è, per molti versi, improprio: per esempio, a differenza delle “comuni”esplosioni, le schegge più lontane sono quelle che si allontanano dal centro più rapidamente)

Senza addentrarci in complicati particolari, possiamo contare almeno su tre riprove della fondatezza della teoria del Big Bang, e cioè:

  1. l'allontanamento attuale delle galassie, cui abbiamo fatto cenno

  2. la composizione della materia nell'Universo visibile: il 75% degli atomi sono di idrogeno, il 24% di elio, e il restante 1 % è costituito da atomi più pesanti, quelli a noi più familiari, come carbonio, ossigeno, silicio e azoto. Il modello del Big Bang spiega queste proporzioni in maniera sorprendentemente esatta.

  3. la cosid­detta «radiazione fossile», uno sfondo di microonde che permea il cosmo e che fu scoperto per caso da Arno Penzias e Robert Wilson nel 1963: la sonda Wmap (Wilkinsin Microwave Anisotropic Probe) della NASA ha ripreso una straordinaria immagine (rilasciata nel 2003) della radiazione di microonde che permea il nostro Universo. Questa radiazione è quello che resta della luce che pervadeva in modo uniforme l'Universo quasi 400.000 anni dopo la sua nascita (quando, cioè, era più di 30.000 volte più giovane di adesso). In effetti, come previsto da Einstein nella sua la teoria della Relatività Generale, l’espansione dell’Universo comporta un raffreddamento progressivo. Questa graduale diminuzione della radiazione calorica, dopo circa 14 miliardi di anni, corrisponde, attualmente, ad una temperatura di circa 3 gradi assoluti (-270° Celsius). Per renderci conto di quale risultato sperimentale abbia costituito la scoperta di questa radiazione, consideriamo che una pallina di gelato tenuta davanti all’antenna emetterebbe una radiazione di 22 milioni di volte più intensa della radiazione cosmica di fondo.                              

Tutto cominciò, dunque,  all’«istante 0» quando tutta la materia oggi visi­bile era condensata in un punto di temperatura e densità eleva­tissime.

Da notare, però, che la materia non esisteva nella forma che noi siamo abituati a concepire, ma si presentava sotto forma di energia pura.

Ma che cosa è successo nelle prime fasi della vita dell'Universo?

L'Universo secondo i fisici non cominciò all'istante zero, bensì ad un istante detto "tempo di Planck",

10-43 secondi dopo il Big Bang. Prima di questo istante, esso è completamente inaccessibile, perchè tutta la materia e l'energia che lo componevano erano così concentrate da costituire una "singolarità": uno stato estremo, nel quale lo spazio-tempo della Relatività non ha nemmeno senso, e che non fa parte della fisica che conosciamo. A chi si chiede dove, nell'Universo attuale, sia avvenuto il Big Bang, la risposta è semplice: ovunque. Era tutto lo spazio, infatti, a essere racchiuso in un punto e fu tutto lo spazio a esplo­dere. Descrivere quel che successe in quei primissimi istanti non è facile. Nel giro di poche frazioni di secondo, infatti, la tem­peratura dell'Universo scese di miliardi di miliardi di gradi e ciò portò a una serie di cambiamenti, per cui l'aspetto dell'Universo cambiò molto di più di quanto sarebbe cambiato nel corso dei miliardi di anni successivi.

Le teorie moderne non ci consentono di descrivere matema­ticamente ciò che successe nell'istante preciso del Big Bang. In quelle condizioni, infatti, la densità della materia e la sua tem­peratura erano talmente elevate che le nostre teorie non sono capaci di dare una descrizione attendibile di quanto avvenne.

Secondo tutte le stime, però, un istante infinitesimo dopo il Big Bang, più precisamente 10-43 secondi dopo, la temperatura raggiungeva il valore infernale di 1033 °C (corrispondente all'e­nergia di circa 1019 GeV). 10-43 secondi è una scala temporale infinitesima, (il tempo di Planck, di cui sopra) e si pensa che sia l'intervallo minimo di tempo di cui abbia senso parlare.

In quell'istante, inoltre, tutto l'Universo oggi visibile si trovava compresso all'interno di una regione altrettanto piccola, dell'ordine della scala di Planck, cioè 10-30 millimetri.

Secondo alcune stime, in quelle condizioni estreme tutte e quattro le forze[4] della natura sarebbero state «unificate». Erano cioè tutte aspetti diversi della stessa forza fondamentale, così come oggi, nel nostro mondo, l'elettricità e il magnetismo sono due manifestazioni diverse del campo elettromagnetico.

L'Universo si espandeva e si raffreddava rapidamente. Dopo pochi istanti, la gravità si differenziò dalle altre forze e con­tinuò a indebolirsi e ad avvicinarsi sempre di più al valore attuale (9,82 m/s2)

Dopo 10-35 secondi, quando la temperatura era di 1027 °C, ebbe inizio un processo detto «inflazione», che portò l'Universo a espandersi a velocità iperboliche, enormemente superiori alla velocità della luce.

Bisogna subito notare che una tale espansione iperaccelerata non è affatto in contrasto con le leggi della relatività, perché quest'ultima riguarda il movimento degli oggetti (o dei sistemi di riferimento) nello spazio, e non l'espansione dello spazio stesso.

L'inflazione durò 10-33 secondi circa e proiettò l'Universo su scala cosmica. Grazie a questa espansione, inoltre, l'Universo si «stirò» e divenne molto più omogeneo di quanto fosse prima.

In concomitanza con l'inflazione, la forza forte si separò dalla forza elettrodebole e cominciò l'era della forza elettrode­bole. In questa fase, l'Universo era composto da quark, elettroni, muoni, gluoni, fotoni e altre particelle (e tutte le rispettive anti­particelle). A un certo punto sparirono alcune particelle, dette particelle X, che trasformavano elettroni e muoni in quark e viceversa. Dopo che ciò avvenne, elettroni e muoni continua­rono per un certo periodo a trasformarsi gli uni negli altri per mezzo della particella W.

Dopo 10-10 secondi, anche la forza debole si «staccò» da quella elettromagnetica. L'Universo cominciò quindi a essere governato dalle stesse quattro forze che lo governano ora, anche se queste forze avevano valori diversi da quelli attuali. In par­ticolare, la forza debole era molto più intensa.

Fino a questo punto, particelle e antiparticelle coesistevano, scontrandosi, annichilandosi e ricreandosi in continuazione.

Da ogni scontro particella-antiparticella, infatti, nasceva una coppia di fotoni che, a sua volta, aveva abbastanza energia per creare altre coppie particella-antiparticella. Nel frattempo, però, la temperatura dell'Universo diminuiva e quindi diminuiva anche l'energia media delle particelle e dei fotoni.

Fino a che i fotoni non ebbero più abbastanza energia, in media, per creare nuove coppie particella-antiparticella. In questo modo, materia e antimateria (quark e antiquark) si annullarono e per ogni coppia particella-antiparticella si formò una coppia di fotoni.

La materia, però, era in leggerissima sovrabbondanza e perciò, per ogni miliardo di annichilazioni, sopravvisse una particella di materia.


[1] Ci è preclusa l’osservazione diretta dei primi 380.000 anni dell’ Universo, cioè finché la temperatura scese a 3000°C. Tuttavia, indirettamente, si possono studiarne i primi attimi.  La luce più “antica” che possiamo osservare è quella proveniente da quella fase in cui tutto l’Universo era incandescente. In effetti noi possiamo vedere la luce arrivare dalla superficie incandescente del sole e, dunque, dobbiamo aspettarci che “ci arrivi luce” anche da quell’epoca primordiale dell’Universo. Solo che nel frattempo l’Universo è circa 1000 volte più espanso, e la lunghezza d’onda della luce diventa di alcuni millimetri. Ci aspettiamo quindi delle microonde. Queste sono state osservate davvero, è il cosiddetto fondo cosmico a microonde.

[2] Una cefeide è un tipo di stella variabile il cui splendore varia seguendo un periodo estremamente preciso e regolare. La durata del periodo di variazione è compresa fra 1 e 100 giorni e può essere misurata in quanto collegata direttamente alla sua luminosità assoluta. Confrontando la luminosità assoluta e la luminosità apparente di una cefeide, è possibile determinarne con accuratezza la distanza dalla terra.

[3]  Un megaparsec è pari a 3,26 milioni di anni luce.

[4]  La F. gravitazionale, di attrazione, agisce su ogni massa; è responsabile del peso degli oggetti e regola il moto dei corpi celesti; la F. elettromagnetica, agisce susolo su particelle dotate di carica, interviene in tutti i fenomeni chimici e luminosi, lega elettroni e nuclei per formare atomi; la F.nucleare debole  è responsabile dei decadimenti radioattivi. Agisce solo su scala subatomica (10-15cm); la F. nucleare forte lega insieme i quark per formare protoni e elettroni, e i protoni e i neutroni per formare i nuclei atomici. Raggio d’azione = raggio nucleo, 10-13cm. Non agisce su fotoni e elettroni.

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