Come ho incontrato
un uomo di Neanderthal
in Abruzzo*

Di Fulvio Giustizia [1].



28 marzo 2011. - Nel mese di luglio del 1978, mentre partecipavo, con l’équipe della prof. Renata Grifoni Cremonesi, dell’Università di Pisa, ad una suggestiva campagna di scavo del Neolitico nella Grotta Continenza di Trasacco, nel Fucino, situata sotto un grande strapiombo roccioso, mi venne in mente di recarmi ad esplorare un analogo riparo sotto roccia, nel demanio basso di Calascio (L’Aquila), a quota 670 m, presso il Piano di Capestrano. Il sito ha l’altisonante toponimo “I Grottoni”. In realtà v’è una sola grotta e sulla sua sinistra un ampio anfratto che, a prima vista, mi sembrò il più idoneo per un sondaggio.

Non ero solo. Era con me l’amico Antonio Matarelli, all’epoca sindaco di Calascio, il quale si meravigliò non poco quando, come d’istinto, gli dissi che avremmo dovuto evitare la Grotta per andare invece a saggiare il terreno sotto il grande riparo sotto roccia. Bastarono solo 15-20 cm di scavo per far affiorare frammenti di ossa fossilizzate e alcune selci preistoriche, lavorate per strumenti. Interrompemmo subito la fortunata esplorazione, ricoprimmo la buca e raccogliemmo i preziosi resti antichi. Ad agosto i reperti furono analizzati dal prof. Antonio Mario Radmilli, ordinario della cattedra di Paleontologia umana dell’Università di Pisa, che mi comunicò l’inaspettata notizia che, con ogni probabilità, avevamo rinvenuto il primo deposito in grotta del Paleolitico medio in Abruzzo, cioè un pacco di terreno stratificato di un accampamento di caccia dell’uomo di Neanderthal.

La probabilità divenne certezza con un saggio di scavo, diretto dallo stesso Radmilli, nel mese di settembre dello stesso anno e da due successive campagne archeologiche in giugno e settembre del 1979, dirette dal sedimentologo Cesare Pitti e dallo scrivente. Dalla natura del terreno, dalla tipologia degli strumenti in selce e dalla variegata avifauna (35 specie), microfauna e macrofauna cacciata, si dedusse che i neanderthaliani si accamparono nel sito, a più riprese, durante le stagioni estive, nel corso del primo periodo freddo dell’ultima glaciazione wurmiana, quando il clima del riparo (con quota 670 m) toccava temperature paragonabili a quelle attuali dei 1.500-1.600 m di Campo Imperatore.
 

Resti di fauna e avifauna.
 

Il deposito archeologico, ricco di focolari sovrapposti nel tempo, restituì 60 mila frammenti di ossa animali, fra i quali quelle di camoscio, di cervo, di cavallo selvaggio, dell’uro, della iena delle caverne, della marmotta e persino del leopardo. Ma la sorpresa più emozionante fu l’incontro diretto con l’uomo antico. Era il 15 giugno del 1979, il terzo giorno della campagna di scavo. Sotto un grosso masso, appena rimosso, notai qualcosa di molto particolare. Segnai la posizione stratigrafica. Raccolsi il reperto ed annotai sul diario: «M5 tg.2, rinvenimento di un’epifesi prossimale da determinare».

La speranza era che l’osso fosse umano. La conferma mi venne da Pisa il 7 gennaio 1980 dal prof. Francesco Mallegni, che mi scrisse: «Il tuo ossicino è risultato umano: del resto si vedeva macroscopicamente, e adesso anche al microscopio con le sezioni sottili». Dopo un serie di analisi per gas-cromotografia, per le residue percentuali di azoto e confronto con le altre ossa del deposito, si stabilì l’antichità relativa e l’età dell’individuo: la testa di femore era di un giovane neandertaliano di 12 -14 anni. Così fu rinvenuto l’uomo più antico d’Abruzzo, di circa 80 mila anni. Attualmente i reperti litici e faunistici si trovano presso l’Università di Pisa, mentre il fossile umano è custodito dal prof. Capasso dell’Università di Chieti, già in servizio in Sovrintendenza Archeologica.

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* L’articolo, salvo alcune varianti, fu pubblicato sulla rivista  “SVAGO” ( n.4/2006),  edita dall’Associazione Culturale L’Impronta, L’Aquila.

[1] Fulvio Giustizia, archeologo paletnologo e storico di cose abruzzesi, è nato nel 1939 a Calascio (L'Aquila).Vive e lavora a L'Aquila. È Socio Ordinario dal 1982 della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi e Deputato dal 1995. Conseguite la Laurea in Lettere nel 1978 all'Università “La Sapienza” di Roma, e la Specializzazione in Archeologia Preistorica nel 1980 presso l'Università di Pisa, si è dedicato ad una sistematica ricerca paletnologica nell'Abruzzo interno, pervenendo alla scoperta d’inediti siti preistorici, fra i quali “I Grottoni” di Calascio (L’Aquila), con reperti dell'uomo di Neanderthal. Dal 1989 ad oggi, affiancando la ricerca storica ed archeologica alla sua ordinaria attività di docente di Storia dell'Arte nei Licei, si è interessato anche di storia medievale nel territorio aquilano. Dal 2001 collabora con il CAI dell'Aquila, organizzando percorsi culturali intitolati “Itinerari archeologici di montagna”.

 

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28 de marzo 2011. - En julio de 1978, mientras asistía con el equipo de la Prof. Renata Grifoni Cremonesi —de la Universidad de Pisa— a una sugestiva excavación del Neolítico en la Cueva Continenza de Trasacco en Fucino, que se encuentra bajo una saliente rocosa, se me ocurrió ir a explorar una formación rocosa similar en la zona de Calascio (L'Aquila), a una altitud de 670 m cerca de Capestrano.

El sitio tiene el pomposo nombre de "I Grottoni" (las grandes cavernas). En realidad hay sólo una cueva y a su izquierda un barranco de gran tamaño que, a primera vista, parecía el más adecuado para una exploración. No iba solo, me acompañaba mi amigo Antonio Matarelli, en aquella epoca alcalde de Calascio quien se sorprendió cuando, como por instinto, le dije que deberíamos dejar a un lado la cueva e ir a revisar el suelo abajo del gran refugio formado por la roca.

Al cabo de sólo 15-20 cm de excavación encontramos algunos fragmentos de huesos fósiles y algunas piedras prehistóricas en forma de herramientas para el trabajo. Interrumpimos de inmediato la exitosa exploración, rellenamos nuestras excavaciones y recogimos los preciosos restos antiguos.

En agosto, los resultados fueron analizados por el Prof. Antonio Mario Radmilli, profesor de Paleontología Humana en la Universidad de Pisa, quien me comunicó la inesperada noticia de que, con toda probabilidad, habíamos encontrado los primeros restos en una cueva del Paleolítico Medio en los Abruzos, o sea una parcela de tierra correspondiente a un Campamento de cazadores neandertales.

La probabilidad se convirtió en certeza con una sesión de excavación, dirigida por el mismo Radmilli, en septiembre de ese año y dos campañas arqueológicas posteriores en junio y septiembre de 1979, dirigidas por el sedimentólogo Cesare Pitti y por él que escribe.

Por la naturaleza del terreno, el tipo de herramientas de piedra y la variada avifauna (35 especies), micro y macro faunas cazadas, se deduce que los neandertales acamparon en el lugar varias veces durante la temporada de verano del período frío de la última era del hielo Wurmiana, cuando el clima del lugar (con una altitud de 670 metros) alcanzaba temperaturas comparables a las actuales de los 1,500-1,600 metros de Campo Imperatore.

El yacimiento arqueológico, rico en restos de fogatas sobrepuestas en el tiempo, nos permitió encontrar 60 mil fragmentos de huesos de animales, incluidos los de gamuza, ciervo, caballo salvaje, hienas silvestres, marmotas e incluso de leopardo. Pero la sorpresa más emocionante fue el encuentro directo con el hombre antiguo. Era el 15 de junio de 1979, el tercer día de la excavación. Bajo una gran roca, que acababa de mover, noté algo muy especial. Marqué la posición estratigráfica. Recogí los restos y anoté en mi diario: «M5 tg.2, recolección de una epífisis proximal que tendrá que ser identificada».

La esperanza era que el hueso fuese humano. La confirmación me llegó desde Pisa el 7 de enero 1980 del Prof. Francesco Mallegni, me escribió: «Tu huesito resultó ser humano: ya se veía macroscópicamente y ahora también bajo el microscopio con secciones delgadas». Después de una serie de análisis por cromatografía de gases, dado el porcentaje residual de nitrógeno y la comparación con los otros huesos del sitio, se pudo establecer la antigüedad relativa y la edad de la persona: la cabeza del fémur pertenecía a un joven neandertal de 12 - 14 años. Y así fue encontrado el hombre más antiguo de Abruzzo, de aproximadamente 80,000 años. En la actualidad, los restos del campamento se encuentran en la Universidad de Pisa, mientras que el fósil humano es custodiado por el Prof. Capasso de la Universidad de Chieti.

 

(fulvio giustizia / puntodincontro)

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