7 febbraio 2012 - È indubbio che, nel nostro lessico abituale, facciamo uso di tutta una serie di parole straniere che impieghiamo nella loro lingua originale, senza tradurle. Gli esempi sono innumerevoli: gap, hobby, blue-jeans, hostess, computer, footing, sandwich, marketing, reporter, choc, chic, quorum, cocktail, pullover, budget, management, scoop, élite, barbecue …. D’altronde non è sempre facile (e neppure più utile o più significativo)"italianizzare" questi vocaboli.

Le traduzioni, diceva giustamente Sacha Guitry, sono come le donne: se sono fedeli non sono belle, se sono belle non sono fedeli.

Chiediamoci, a convalida di ciò, quale possa essere la più appropriata versione italiana di barbecue. Ricorrere per questo al dizionario, non ci aiuta proprio. Il fatto è che barbecue può essere inteso come il modo di cucinare la carne all’aperto su braci o alla griglia, oppure la griglia stessa, o, ancora, consumare tale tipo di carne in compagnia di amici. La parola barbecue, insomma, comprende in sé l'atto del cucinare, lo strumento utilizzato e l'evento sociale che ne è la cornice. Non si può dire quale dei significati sia il più determinante.

Meglio, pertanto, considerare barbecue come un vocabolo intraducibile in un equivalente termine italiano. E usarlo tal quale.

La parola è giunta a noi dalla Francia, e noi l’abbiamo fatta nostra senza modificarne la grafia.

Quanto alla pronuncia, questa è un’altra storia. A suo modo spassosa. Le ineffabili annunciatrici televisive (quelle che proferiscono menù e Bruxèlles, compresa la "s" finale) svariano fra tre fantasiose dizioni: bàrbecu, barbechiù e barbecù. Che ce ne sia una quarta, quella dei nostri cugini d’oltralpe con la "ü" di musée e murmure, non passa neppure lontanamente per l’anticamera del loro sprovveduto cervellino.

Ma il vocabolo non è francese: è prettamente d’importazione. La sua origine è incredibilmente controversa e quasi avvolta nella leggenda.

Secondo l'Oxford English Dictionary, la parola barbecue deriva dal termine spagnolo "barbacoa" che è a sua volta una variazione del termine "babracot" del dialetto caraibico Arawak della popolazione indigena "Taino" di Haiti. Si vuole infatti che, quando i primi esploratori spagnoli giunsero nei Caraibi, si imbatterono, appunto, nella tribù dei Tainos, i quali usavano una strano procedimento per conservare la carne, facilmente deperibile nelle condizioni climatologiche locali.

 

I Taino abitavano la zona di Haiti, la Repubblica Dominicana, Cuba e Puerto Rico
da circa novecento anni prima dell'arrivo dei colonizzatori spagnoli.

 

Disponevano cioè i ritagli di carne su un graticcio di legna, di canne o rami verdi che formava una griglia, sopra la quale venivano posti i cibi da cuocere e sotto la quale era sistemato uno strato di braci. In questo modo la carne, sollevata dal terreno, era fuori portata da insetti o batteri, mentre il fumo teneva lontane mosche e altre bestiole volatili. Come conseguenza non secondaria, il fumo veniva assorbito dalla carne, conferendole un particolare e assai gradevole aroma affumicato. Solo più tardi i Conquistadores spagnoli scoprirono che l’affumicazione così realizzata era anche un ottimo sistema conservante. Il termine spagnolo barbacoa fu quindi la naturale derivazione del termine brabacot caraibico. Gli spagnoli fecero ritorno a casa, divulgando questo nuovo metodo di cottura e questa nuova parola che, come tutte le novità provenienti dal Nuovo Mondo, si diffusero rapidamente in tutta l'Europa.

 

Cartina dell'isola Hispaniola —chiamata Kiskeya in dialetto Arawak e oggi occupata da Haiti e dalla Repubblica Dominicana— nel 1723. Nell'angolo superiore destro si indica che il territorio venne scoperto dagli spagnoli.
 

Il termine barbacoa (pronunciato più o meno nello stesso modo in tutte le lingue) venne foneticamente storpiato in Inghilterra in barbekù, variante coniata dagli albioni reduci dal Nuovo Mondo. Ma il suo significato non era certo univoco. Ad esempio, a fine '600, in Gran Bretagna, per barbekù,  si intendeva una piattaforma su cui dormire, mentre, circa alla metà del '700, la parola era usata per indicare una riunione sociale all'aria aperta dedicata alla grigliatura della carne. In questo senso, lo intendeva anche George Washington (1731-1799) nel diario del quale è annotato come fosse andato ad Alexandria per partecipare ad un "barbicue".

Il trionfo del barbecue, inteso come grigliatura, si realizzò comunque nei territori americani corrispondenti alle attuali Florida e Alabama, regioni in cui lo spagnolo Hernando de Soto (1497–1542) introdusse il maiale. Le condizioni ambientali furono oltremodo propizie per l’incremento numerico e la diffusione di questo animale, che divenne presto la principale fonte di carne per le popolazioni locali. Ovvio che, grazie agli Spagnoli, il barbecue, con la sua lenta cottura fumosa adatta ai grandi tagli, divenne il metodo per eccellenza per il trattamento culinario della carne suina. Per questo, a dar retta agli americani (statunitensi) il barbecue deve essere considerato come il loro principale contributo alla cucina moderna. Anche se si tratta di una leggenda folcloristica, tanto simpatica quanto fantasiosa, non si può sottacere una ipotesi yankee circa l’origine della parola barbecue. Nel mitico Texas, un ranchero era divenuto celebre in tutto il territorio, per la carne arrosto (pecore, maiali e vitelli interi)che veniva preparata nel suo ranch. Non c’è accordo circa il nome di questo cow boy-cuoco: forse si chiamava Bernard Quayle oppure Barnaby Quinn, ma, in entrambe le versioni, il marchio di ferro posto sopra all'arco di ingresso del ranch riportava le iniziali B.Q. saldate ad una barra sottostante. In ogni ranch è classico porre le iniziali del proprietario sopra l'ingresso e la barra in cui vengono assicurate viene indicata appunto con il nome bar. Da qui, il "bar B.Q.", letto come "bàrbekiù " terminologia che divenne sinonimo di buon cibo cotto al fuoco. Certo si tratta di un aneddoto, assolutamente privo di qualsiasi valore storico. Fatto stà che, oggigiorno, negli USA, il barbecue è una vera e propria istituzione. Il termine barbecue indica univocamente un metodo di cottura a bassa temperatura, per tempi lunghissimi, in presenza di fumo di legna ed in cui, quasi sempre, si cuociono grandi pezzi di carne o animali interi. Il fumo è una condizione imprescindibile nel barbecue tant'è vero che, negli USA, la bistecca o le salsicce o gli hamburger cotti sul grill non rientrano nel metodo di cottura chiamato "barbecue" (e pronunciato, come già detto bàrbekiu).

A non essere per niente d'accordo con queste tradizioni storico-etimologiche, sono i Francesi. La Francia, è risaputo, ha un’altissima considerazione della propria storia gastronomica e della qualità della propria cucina. Pertanto, anche nel caso del vocabolo barbecue, l’etimologia è completamente differente dalla altre e si riferisce ad un avvenimento storico-gastronomico "francese". Si tramanda che, durante la conquista del Nuovo Mondo, in Canada, alcuni esploratori francesi, non è chiaro in quale circostanza, avessero mangiato una capra intera, cotta su una griglia del tutto simile a quella già descritta, e di averla gustata "de la barbe à la queue", dalla barba alla coda, da cui, per contrazione, barbecue. Bella come storia! Forse è anche la più veritiera. Risolvere la controversia risalendo alla fonte linguistica di barbecue, è ormai impossibile: i pacifici Tainos, furono civilmente schiavizzati dai conquistadores, che, per di più, si presero la briga di infettarli con malattie del Vecchio Mondo. A quanto ci risulta vennero sbrigativamente massacrati, tanto che, sembra, già nel 1615, erano praticamente estinti. In ogni caso, quali che sia la più veritiera origine della parola barbecue, non c'è dubbio che questa sia indissolubilmente legata al Nuovo Mondo e che questa, almeno come tecnica di cottura, sia stata e sia particolarmente praticata in America. Almeno riconosciamo l questo merito agli Americani. Sia colonizzatori che nativi. Di questi’ultimi, ovvio, gli "estinti" sono esclusi!

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(claudio bosio / puntodincontro)

 

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7 de febrero de 2012. - Sin lugar a dudas, en nuestro léxico habitual, aparece un gran número de palabras extranjeras que utilizamos en su versión original, sin traducirlas. Los ejemplos son muchos: gap, hobby, blue-jeans, hostess, computer, footing, sandwich, marketing, reporter, choc, chic, quorum, cocktail, pullover, budget, management, scoop, élite, barbecue ….Por otro lado no siempre es fácil (y tampoco más útil o más significativo) "italianizar" estas palabras.

Las traducciones, decía con razón Sacha Guitry, son como las mujeres: si son fieles no son bonitas, si son bonitas no son fieles.

Preguntémonos, para validar esta opinión, cuál podría ser la versión italiana más adecuada para la palabra "barbecue". El recurso al diccionario —para esto— no ayuda mucho. El hecho es que "barbecue" se puede entender como una forma de cocinar la carne al aire libre sobre las brasas o la parrilla, como la parrilla misma o, también, como el hecho de consumir la carne cocinada de esta manera en compañía de amigos. La palabra "barbecue", en definitiva, incluye en sí misma el acto de cocinar, el instrumento utilizado y el evento social que acompaña a los dos elementos anteriores. No se puede decir cuál de los tres significados es el más importante.

Mejor, por lo tanto, considerar "barbecue" como una palabra intraducible al italiano y utilizarla en su versión original.

La palabra nos llegó de Francia y la hicimos nuestra sin cambiar su ortografía.

En cuanto a la pronunciación, esa es otra historia. A su manera, hilarante. Las impecables locutoras de televisión (las que prefieren palabras como menù y Bruxèlles, con todo y "s" final) utilizan versiones llenas de imaginación: bárbecu, barbequiú e barbecú. El hecho de que exista una cuarta posibilidad, la que utilizan nuestros primos más allá de los Alpes con la "ü" de musée e murmure, ni siquiera remotamente pasa por su ingenuo cerebro.

Pero la palabra no es francesa, sino estrictamente de importación. Su origen es muy controvertido y casi envuelto en la leyenda.

Según el Diccionario Inglés de Oxford (Oxford English Dictionary), la palabra "barbecue" tiene su origen en la palabra española "barbacoa", que —a su vez— es una variación del término "babracot", utilizado en el dialecto caribeño Arawak de la población indígena Taino en Haití. Se dice que cuando los primeros exploradores españoles llegaron al Caribe, se encontraron, en efecto, con la tribu de los Taínos, quienes utilizaban un extraño método para conservar la carne que con facilidad se echaba a perder dadas las condiciones climáticas locales.

Colocaban los cortes sobre una estructura de leña, caña o ramas verdes que formaba una cuadrícula, en la que se colocaban los alimentos que se cocinarían y bajo la cual se ponía una capa de brasas. De esta manera la carne, sin estar a contacto con la tierra, estaba fuera del alcance de insectos y bacterias, mientras que el humo mantenía alejadas las moscas y otras criaturas del aire.

Como consecuencia no secundaria, el humo era absorbido por la carne, dándole un aroma ahumado especial y muy agradable. Sólo más tarde los conquistadores españoles descubrieron que el procedimiento de ahumado llevado a cabo de esta forma también podía ser utilizado como método para la conservación de los alimentos. La palabra española barbacoa fue, por lo tanto, la derivación natural del término caribeño brabacot. Los españoles regresaron a casa y difundieron este nuevo método de cocción y esta nueva palabra que, al igual que todas las novedades que provenían del Nuevo Mundo, se extendieron rápidamente por toda Europa.

El término barbacoa (que se pronuncia más o menos en la misma manera en todos los idiomas) fue fonéticamente modificado en Inglaterra para convertirse en barbekù, una variante fonética que se generó entre los británicos que regresaban del Nuevo Mundo. Pero su significado no fue único. Por ejemplo, al final del siglo XVII, en Gran Bretaña, por barbekù se entendía una plataforma sobre la cual dormir, mientras que aproximadamente la mitad del siglo XVIII, la palabra se utilizaba para indicar una reunión social al aire libre dedicada a la preparación de carne asada . Este era el sentido que también utilizaba George Washington (1731-1799) en cuyo diario está anotado que fue a Alejandría para asistir a un "barbicue".

El triunfo de la barbacoa, en su sentido de preparación de la carne a la parrilla, sin embargo, se llevó a cabo en los territorios de Estados Unidos correspondientes a los actuales Estados de Florida y Alabama, regiones en las que el español Hernando de Soto (1497-1542) introdujo el cerdo. Las condiciones ambientales fueron muy favorables para el aumento en el número y la propagación de este animal, que pronto se convirtió en la principal fuente de carne para la población local. Obviamente, gracias a los españoles, la barbacoa, con su cocción lenta a base de humo adecuada para los cortes grandes, se convirtió en el método más adecuado para el tratamiento culinario de la carne de cerdo.

Por esto, según los estadounidenses, el "barbecue" debe ser considerado su principal contribución a la cocina moderna. Incluso si se trata de una leyenda popular, tan simpática como llena de imaginación, no se puede dejar de mencionar una hipótesis yanqui sobre el origen de la palabra "barbecue". En el mítico Texas, un ranchero se había hecho famoso en todo el territorio por la carne asada (de oveja, cerdo y ternera) que se preparaba en su rancho.

No hay acuerdo sobre el nombre de este vaquero-cocinero: tal vez se llamaba Bernard Quayle o Barnaby Quinn, pero —en ambas versiones— la marca de hierro colocada por encima del arco de entrada de su hacienda mostraba las iniciales B.Q. soldadas sobre una barra horizontal. En todos los ranchos es costumbre poner las iniciales del propietario en la entrada y la barra sobre la que se encuentran, de hecho, se denomina "bar". A partir de aquí surgió el "Bar-BQ", léase "bàrbekiù" término que se convirtió en sinónimo de buena comida cocinada sobre el fuego. Por supuesto, se trata de una anécdota sin ningún valor histórico.

El hecho es que, hoy en día en los Estados Unidos, el "barbecue" se ha convertido en una verdadera institución. El término únicamente indica un método de cocción a baja temperatura durante un tiempo muy largo y caracterizado por la presencia de humo de leña y en el que, casi siempre, se cocinan grandes cortes o animales enteros. El humo es un requisito indispensable hasta tal punto que, en los Estados Unidos, la carne, las salchichas o las hamburguesas cocidas sobre la parrilla, no forman parte del método de cocción llamado "barbecue" (que se pronuncia, como ya se dijo, bárbekiu).

Los que no están en absoluto de acuerdo con estas tradiciones etimológicas e históricas, son los franceses. Francia, se sabe, tiene una opinión muy alta de su historia culinaria y de la calidad de su cocina. Por lo tanto, incluso en lo que se refiere a la palabra "barbecue", la etimología difundida en ese País es completamente diferente a la de todos los demás y se refiere a un acontecimiento histórico-gastronómico "francés".

Se dice que durante la conquista del Nuevo Mundo, en Canadá, algunos los exploradores franceses, no está claro en qué circunstancias, comieron una cabra entera, cocinada en una parrilla muy similar a la ya descrita, disfrutándola "de la barbe à la queue" (de la barba hasta la cola), frase que, por contracción, dio origen al término "barbecue". ¡Hermosa historia! Tal vez sea también la más veraz. Resolver la disputa regresando al origen lingüístico de la palabra "barbecue" ya es imposible: los pacíficos Tainos fueron esclavizados por los conquistadores españoles que, además, los infectaron con enfermedades del Viejo Mundo.

Según lo que sabemos fueron exterminados sumariamente, a tal punto que ya en 1615 se habían prácticamente extinguido. En cualquier caso, cualquiera que sea el origen más veraz de la palabra "barbecue", no hay duda de que ésta está íntimamente ligada al Nuevo Mundo y que dicha técnica de cocción fue y es particularmente practicada en América y específicamente en los Estados Unidos. Por lo menos reconozcamos esto a los estadounidenses. Tanto a los colonizadores como a los nativos. Entre estos últimos, por supuesto, los "extintos" quedan excluidos ...

 

(claudio bosio / puntodincontro)

 

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