Mario Monti e il suo inseparabile loden.
 

7 dicembre 2012 - L’Italia, si sa, è un Paese stretto e lungo.

Succede così che, quando l’inverno è già conclamato, al Sud il sole la fa ancora da padrone (e c’è gente che si concede un bagno in mare!) mentre al nord si “barbella” (si batte i denti, in milanese) per i primi freddi e si esce ben “intabarrati”.

In realtà, il tabarro (dal francese antico tabard) non si usa più. Era, propriamente, una larga cappa (dall'arabo qabā) con cui si avvolgevano i nostri nonni, in alternativa alla palandrana, un cappotto (derivato da cappa) lungo sino alle caviglie, di colore nero, senza cinture e tasche. Era chiamato così perché, in origine, lo portavano i marinai delle palàndre, imbarcazioni fluviali che procedevano lungo gli argini (dal tedesto bei länder, rasente terra).

Il dizionario dei sinonimi elenca altre parole che equivalgono come significato a cappotto. Uno di questi vocaboli, vecchissimo e decisamente in disuso, è gabbana. Si riferisce a un soprabito lungo e piuttosto pesante, che era indossato da contadini e soprattutto dai militari. Una particolarità: la gabbana poteva anche essere vestita a rovescio, cioè “rivoltata”. Rivoltare la gabbana era un rimedio molto usato dai militari-disertori, che, in questo modo, speravano di essere scambiati, durante la fuga, per semplici cittadini. Ancor oggi, una persona che cambia improvvisamente opinione, è detta un volta-gabbana.

Altro termine assai comune, inventariato fra i sinonimi, è il cosiddetto paltò, dal francese paletot che deriva a sua volta dall'inglese paltok ossia giacca corta. Un ennesimo vocabolo analogo, in verità ormai desueto, è pastrano (derivato da palliàstrum, peggiorativo di pàlium, che vuol dire “cencio”) che designa un mantello di tessuto grossolano, un tempo indossato dalla povera gente.

Di cappotti, paltò o palandrane che dir si voglia, ce ne sono un’infinità, diversi per foggia, tessuti e tinte.

Ma il “principe dei cappotti”, o meglio l’Imperatore dei cappotti (il perché lo si capirà più avanti), è il loden, un soprabito dal taglio rigoroso e severo, contraddistinto da una lunga piegona sulla schiena.

La parola loden, che deriva dal tedesco arcaico lodo col significato di balla di lana, designa in realtà un tessuto di lana, tipico del Tirolo e dell'Alto Adige. Fin dal medioevo il panno di Loden era prodotto dai contadini della zona delle Dolomiti austriache, che filavano e tessevano nei loro “masi” [1].

Il loden divenne un tessuto di moda quando l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria (1830-1916), popolarmente noto come Cecco Beppe, si fece confezionare una mantella bianca e una giacca grigia, dal lanificio Moessmer di Brunico. Fu così che da panno di contadini, il loden divenne il tessuto più ricercato dalla nobiltà austroungarica per abiti da caccia e da montagna. Da grigio il suo colore divenne bianco, rosso, nero e da ultimo "verde foresta" (una sfumatura scura e poco brillante), quello più diffuso attualmente. Ma, a parte la classe nobile, gli ammiratori del «Loden» si moltiplicarono rapidamente anche fra i borghesi, soprattutto in Stiria. Da allora il vestito di «Loden» con il tipico bordino verde è detto steirep, (da Stiria, appunto).

Per ottenere il loden viene usata pregiata lana di tosa, ottenuta da poche pecore selezionate. Il vello, che viene staccato intero, è composto da lana di qualità differenti. La migliore è quella del dorso, dei fianchi e delle cosce, mentre quella del collo, del petto e del ventre è di qualità inferiore.

Il procedimento per ottenere il tessuto di loden è rimasto immutato nel corso degli anni [2]. I macchinari moderni riproducono fedelmente i passaggi dell’antica produzione artigianale, fatta “a-mano”. La stoffa ricavata grossolanamente dalla lana di pecora, veniva tagliata senza neppure lavarla, quindi filata e pressata nell'acqua, più volte, con i piedi. Così facendo il tessuto, una volta asciugato, si ritirava e si infeltriva (si occludevano cioè gli interstizi tra i fili della trama e dell’ordito) diventando, di conseguenza, compatto e impermeabile. Con le successive fasi di finissaggio (tintura, garzatura, rasatura e pettinatura) si appiattivano le fibre del pelo e si pettinavano tutte verso una sola direzione, cioè verso il basso, in modo che le gocce d’acqua piovana scivolassero via.

Per secoli i capi d'abbigliamento dei contadini furono di loden anche perché l'arciduca Ferdinando Il del Tirolo (1530-1595) stabili, con l'editto del 1573, che i contadini potevano vestirsi solo di capi in pelle, lino e loden.

In estate il contadino portava il grass, dei pantaloni lunghi fino al ginocchio, e l’hemetep una lunga camicia sempre di loden.

Le donne portavano la ras, una gonna corta di loden leggero.

D'inverno per coprirsi, si indossavano —tanto per cambiare— delle mantelle di loden. Il loden accompagnava il contadino per tutto il corso della vita. Ha quindi influito sulla formazione del suo carattere. In effetti, la tradizione vuole che i Tirolesi siano rudi, scontrosi e resistenti a qualsiasi evento atmosferico.

Proprio come il loden che indossano.

Il cappotto di loden è stato definito in mille modi: rigido, eterno, affidabile e persino noioso. E, in special modo nel nord d’Italia, come la vera divisa dei borghesi milanesi; quelli che han fatto ottimi studi all'estero, solidi matrimoni, volontariato e parche vacanze in montagna o nelle belle case sui tanto piovosi laghi. Una borghesia solida e colta: medici, avvocati, professori universitari, ecc.

Il loden resta, comunque, un evergreen, uno dei veri capi senza tempo e senza frontiere. In Italia abbiamo un indossatore di loden molto rinomato: si tratta del Primo Ministro, Senatore Mario Monti che, di questo cappotto, ne ha fatto il simbolo del suo (e nostro!) governo: attempato, sobrio, discreto. Forse anche un po' di triste, ma che ben si addice a Lui e ai vari membri del Consiglio dei Ministri, i cosiddetti "tecnici", che ci stanno bombardando di tasse e imposte.

Per altro è piuttosto raro vedere un cittadino … germanico sfoggiare un loden. Può darsi perché non è affatto un capo “cittadino”. Comunque, Indossarlo sulla Kurfürstendamm o sulla Kärtnerstrasse pare non sia proprio di buon gusto. Chi osasse farlo, farebbe la stessa, pietosa figura di quegli italiani che sfoggiano le cravatte inglesi con i colori di qualche college o di uno storico reggimento.

Invece, parecchi signori in loden si incontrano, spesso, per il centro di Monaco.

Ma per i bavaresi il loden è quasi un costume tradizionale. Le signore al loro fianco sfoggiano, invece, il Dirndl, (abito con grembiule): gonna ampia e camicetta bianca, generosamente scollata. Un Tracht (costume) non consentito agli stranieri, nel senso di chi–viene-da-fuori, tantomeno agli altri tedeschi.

Siamo nella regione dei Lederhosen, i calzoncini di cuoio. (Ma a vedere i film americani, a Hollywood sono convinti che li indossino ogni giorno tutti i tedeschi!).

Come tanti altri capi di abbigliamento, i lederhosen sono sempre più… in crisi. Probabilmente perché il Finanzamt, il fisco teutonico, non consente più di detrarli dalla dichiarazione delle imposte. E un paio di questi calzoncini di buona qualità arriva a costare 250 euro. Un cappotto o un mantello di loden (anch’esso indeducibile fiscalmente!) supera invece i 450 euro.

Se dobbiamo dar retta alle statistiche, oggi gli… indossatori del loden sono soprattutto giapponesi e italiani.

È un dato di fatto, comunque, che il loden è indossato ovunque, da New York a Milano, salvo che a Berlino.

Forse i prussiani, come Frau Angela Merkel, non lo amano. O meglio, non l'hanno mai amato. Peggio per loro!

A Bormio, di recente, campeggiava una splendida reclame a proposito del loden: «Dal pascolo all’eleganza, non c’è che un filo di lana. Verde».

 

[1] Nell'area alpina germanofona del sud-Tirolo e del Trentino, il maso (in ted. Bauernhof) è un'azienda agricola, comprensiva dell'abitazione del contadino, di altri fabbricati, dei terreni, agricoli e forestali, ad esso attinenti. La proprietà del maso era regolata da un particolare diritto giuridco-ereditario: il maso veniva ereditato indiviso dal primogenito maschio, mentre i figli minori potevano scegliere tra un indennizzo o il continuare a vivere assieme al fratello maggiore, come servi agricoli.

[2] La produzione industriale porta a Brunico, cittadina dolomitica in Val Pusteria, dove il contadino Joseph Beikirken, ebbe l'idea (1882) di fondare una fabbrica di loden, con il viennese Josef Moessmer.

 

(claudio bosio / puntodincontro / traduzione allo spagnolo di massimo barzizza)

 

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El primer ministro de Italia, Mario Monti, con su inseparable loden.
 

7 de dicembre de 2012 - Italia, como sabemos, es un país largo y estrecho.

Y por esto llega a suceder que, cuando ya nos encontramos en pleno invierno, en el sur el sol sigue mandando (¡y hay quienes hasta se meten a nadar al mar!), mientras que en el norte si barbella (se tiembla de frío, en dialecto milanés) a causa del clima y la gente sale intabarrata (“forrada”)

En realidad el tabardo (del francés antiguo tabard) ya no se utiliza. Era, propiamente, una larga capa (del árabe qabā) en la que se envolvían nuestros abuelos, como alternativa a la “palandrana”, una palabra italiana que describe un abrigo que llegaba hasta los tobillos, negro, sin cinturón ni bolsillos. Se llamaba así porque, originalmente, era utilizado por los marineros de los palàndre, embarcaciones de río que navegaban a lo largo de las orillas (del alemán bei länder, cercano al suelo).

El diccionario de sinónimos enumera otras palabras que tienen un significado equivalente a abrigo. Una de estas palabras, muy antigua y muy en desuso, es gabán. Se refiere a un abrigo largo y grueso, que fue usado por los campesinos y especialmente por los militares. Como característica especial, el gabán también podía ser utilizado al revés, o sea, con el lado del forro hacia afuera. Este era un recurso muy utilizado por los desertores militares que, así, esperaban pasar por ciudadanos comunes. Incluso hoy en día, a una persona que cambia de repente opinión, se le dice en italiano volta-gabbana (volteador de gabán).

Otro término muy común entre los sinónimos es paltó (término utilizado en Venezuela, según el diccionario de la Real Academia Española), del francés paletot, que a su vez deriva del Inglés paltok, o sea chaqueta corta. Otro más, ahora obsoleto, es pastrano (derivado de palliàstrum, peyorativo de pàlium, que significa trapo) que describe una capa de paño grueso, anteriormente usado por la gente pobre.

Existen muchos tipos de abrigos, paltó, gabanes o como se les quiera llamar, de innumerables formas, telas y colores.

Pero el “príncipe de los abrigos”, o mejor dicho, su “emperador” (más adelante explicaremos el por qué), es el loden una prenda de corte riguroso y severo, caracterizada por un largo doblez en la espalda.

La palabra loden que deriva del alemán arcaico lodo en el sentido de paca de lana, significa en realidad un tejido típico del Tirol y del Tirol del Sur. Desde la Edad Media, el tejido de loden era producido por los campesinos de la zona de las Dolomitas austriacas, que hilaban y tejían en sus Bauernhof [1].

El loden se convirtió en una tela de moda cuando el emperador Francisco José I de Austria (1830-1916), conocido popularmente como Cecco Beppe (Pancho Pepe, en español), pidió a la fábrica de lana Moessmer de Brunico una capa blanca y una chaqueta gris. Y así el loden —que hasta ese momento había sido una prenda campesina— se convirtió en el tejido más buscado por la nobleza austro-húngara para la ropa de caza y el senderismo. Su color —al principio gris— se convirtió en blanco, rojo, negro y, recientemente, en “verde foresta” (una tonalidad obscura y sin brillo), que es la más común en la actualidad. Pero, más allá de la nobleza, los admiradores del loden se multiplicaron rápidamente, incluso entre la clase media, sobre todo en Estiria. Desde entonces a esta tela con el típico borde verde se le dice steirep (precisamenmte de Estiria).

Para obtener el loden se utiliza lana fina, a partir de ovejas seleccionadas. El vellón, que se despega entero, se compone de lana de diferentes calidades. La mejor es la de la espalda, de las caderas y de los muslos, mientras que la del cuello, del pecho y del vientre es de calidad inferior.

El procedimiento para obtener el tejido de loden se ha mantenido sin cambios durante los años [2]. La moderna maquinaria reproduce fielmente los pasos del antiguo procedimiento artesanal, que se llevaba a cabo “a mano”. El tejido de lana de oveja se cortaba sin siquiera lavarse, luego se comprimía en agua, varias veces, utilizando los pies.

Al hacerlo, la tela, una vez seca, se encogía y se afelpaba (es decir, se tapaban los intersticios entre los hilos de la trama y el urdimbre) convirtiéndose, como resultado, en un material compacto y resistente al agua. Con las siguientes etapas de acabado (teñido, perchado, afeitado y peinado) se aplanaban las fibras y se peinaban en una sóla dirección, hacia abajo, de modo que las gotas de agua de lluvia se pudiesen deslizar facilmente.

Durante siglos, la ropa de los campesinos fue de loden también porque el archiduque Fernando II del Tirol (1530-1595) estableció, por medio de un edicto de 1573, que los campesinos sólo podían vestirse utilizando ropa de cuero, de lino y de loden.

Durante el verano, los campesinos utilizaban el grass —pantalones hasta la rodilla— y el hemetep, una camisa larga también de loden.

Las mujeres llevaban el ras, una falda corta de loden ligero.

En invierno, para taparse, se utilizaban —​para no perder la costumbre— capas de loden. El loden acompañaba al agricultor durante toda su vida. Influyó, por lo tanto, en el desarrollo de su carácter. De hecho, según la tradición, los tiroleses son rudos, gruñones y resistentes a cualquier evento meteorológico.

Exactamente como el loden que llevan puesto.

El abrigo loden se ha definido de muchas maneras: rígido, eterno, confiable e incluso aburrido. Y —sobre todo en el norte de Italia— es el verdadero uniforme de la burguesía como, por ejemplo, la milanesa: lo utilizan los que estudiaron en reconocidas escuelas del extranjero, están felizmente casados y vacacionan practicando el esqui alpino o en sus hermosas casas a la orilla de los lluviosos lagos. Una clase social sólida y culta: médicos, abogados, profesores universitarios... etc.

El loden sigue siendo, en fin, un evergreen, una prenda sin tiempo y sin fronteras. En Italia tenemos un representante de la moda “Loden” bien conocido: se trata del Primer Ministro, el senador Mario Monti, que ha convertido este abrigo en un símbolo de su (y nuestro) gobierno: anciano, sobrio y discreto. Tal vez incluso un poco triste, pero que se adapta bien a él y a los varios miembros del Consejo de Ministros, los llamados “técnicos”, que nos están bombardeando con tarifas e impuestos.

Es bastante poco común, por otro lado, ver a un ciudadano alemán ... con un loden. Tal vez porque no se trata en absoluto de una prenda “de ciudad”. De todas maneras, llevar un abrigo de estos en la Kurfürstendamm o en la Kärtnerstrasse parece no ser considerado de muy buen gusto. Quienes se atrevieran a hacerlo se verían como aquellos italianos que hacen alarde de sus corbatas inglesas con los colores de algún colegio británico o de regimientos históricos.

En cambio, varios caballeros de loden se encuentran, a menudo, el centro de Mónaco.

Pero para los bávaros el loden es casi un traje regional. Las señoras que los acompañan utilizan el Dirndl (vestido con delantal): falda amplia y blusa blanca con escote pronunciado. Un tracht (atuendo) no permitido a los extranjeros, entendidos como los que provienen de otro lugar, incluyendo a los demás alemanes.

Estamos en la región de los lederhosen, los pantalones cortos de cuero (al ver películas de Hollywood, parece ser que los estadounidenses están convencidos que los todos los alemanes los utilizan diariamente).

Al igual que muchas otras prendas de vestir, los pantalones de cuero se encuentran cada vez más ... en crisis. Probablemente porque el Finanzmat (el SAT alemán), ya no permite deducirlos de la declaración de impuestos. Y un par de estos pantalones de buena calidad pueden costar 250 euros. Un abrigo de loden (que tampoco es deducible de impuestos) supera, por otro lado, los 450 euros.

Si queremos hacerle caso a las estadísticas, hoy los... utilizadores de loden son principalmente japoneses e italianos.

Es un hecho, sin embargo, que el loden se usa en todas partes desde Nueva York hasta Milán, con excepción de Berlín.

Tal vez los prusianos, como Frau Angela Merkel, no lo aman. O mejor dicho, nunca lo han amado. ¡Ellos se lo pierden!

En Bormio, recientemente, un extraordinario cartelón publicitario acerca del loden decía: «Entre la elegancia y el pasto no hay más que un pequeño estambre. Verde».


[1] En la región alpina de habla alemana del Tirol del Sur y del Trentino, el maso (en alemán Bauernhof) es una granja, que incluye la casa del agricultor así como otros edificios, la tierra para cultivo y los bosques relacionados con la misma. La propiedad del maso se regía por una ley muy particular en lo que se refiere a su herencia: la finca era heredada sin reparticiones por el primogenito varón, mientras que los hijos menores podían elegir entre una indemnización o seguir viviendo con su hermano mayor como empleados agrícolas.

[2] La producción industrial nos lleva a Brunico, un pueblo en Val Pusteria entre las Dolomitas, donde el agricultor Joseph Beikirken tuvo la idea en 1882 de establecer una fábrica de loden en sociedad con el vienés Josef Moessmer.

 

(claudio bosio / puntodincontro / traducción al español de massimo barzizza)

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de Claudio Bosio,