13 giugno 2014 -
«Più
lo mandi giù, più ti tira sù»
recitava un vecchio tormentone del caffè che,
da espresso, sta per trasformarsi in
ISSpresso e trasportarsi a 400 km di altezza
fino sulla stazione spaziale internazionale,
dove di un vero caffè si sentiva la mancanza:
«magari,
ecco, un caffè espresso ristretto ogni tanto
farebbe piacere»
—diceva Luca Parmitano durante un'intervista
da bordo nel 2013—. A un anno di distanza,
il desiderio dell'astronauta italiano
diventa realtà in un'azienda di Torino
specializzata in cibo spaziale.
«Progettare un
sistema a capsule da mandare nello spazio è
una sfida tecnologica molto importante,
perché i principi fisici della
fluidodinamica nello spazio si comportano in
modo totalmente diverso»
dice
David Avino,
amministratore delegato di Argotec,
la società che, insieme a Lavazza e
all'Agenzia spaziale europea, sta lavorando
per portare l'autentico espresso italiano
alla International Space Station (ISS).
La prima macchina espresso a capsule in
grado di lavorare in microgravità pesa venti
chili e, oltre il caffè, può preparare
bevande calde e brodo, utile per reidratare
gli alimenti. Vera tecnologia extraterrestre,
con il bollino dell'Agenzia Spaziale
Italiana, ma anche capacità di gestire
liquidi, alta pressione e alta temperatura
in condizioni estreme, senza perdere gusto e
aroma. «Sarà
estratto in una macchina che donerà l'acqua
in pressione alla capsula, andando ad
estrarre le migliori sostanze e i migliori
aromi per creare un autentico espresso
italiano per gli astronauti»
—spiega Alberto Cabini della Lavazza—.
L'obiettivo è garantire una vera pausa caffè
alla prima astronauta italiana dell ESA
nello spazio, Samantha Cristoforetti, in
missione sulla Stazione Spaziale
Internazionale per sei mesi dalla fine
dell'anno.
(marta
meli / skytg24
/ puntodincontro.mx /
adattamento e
traduzione
in spagnolo di massimo barzizza)
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