Visita in Messico di Jacopo Chessa, direttore del Centro nazionale del cortometraggio.

 

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8 settembre 2017 - Jacopo Chessa, storico del cinema di formazione e professore a contratto presso l’Università di Paris III–Sorbonne Nouvelle, dirige in Italia dal 2014 il Centro Nazionale del Cortometraggio.

Si trova in Messico per assistere, come giurato, alla 12esima edizione di Shorts México, uno dei più importanti festival di questo Paese dell'America latina, interamente dedicato ai corti.

L'abbiamo incontrato all'Istituto Italiano di Cultura (IIC) di Coyoacán, dove stasera alle ore 18 impartirà una conferenza dedicata a questo particolare settore della cinematografia italiana.

Jacopo, sei il direttore del Centro nazionale del cortometraggio di Torino.

Sì, da tre anni. Il Centro nazionale del cortometraggio è l'agenzia di promozione del corto italiano all'estero e svolge sostanzialmente tre attività: rapporto con i festival esteri per promuovere la nostra presenza nei mercati esteri — che nel campo del cortometraggio significa partecipazione al festival di Clermont-Ferrand oltre ad altri appuntamenti come Cannes, Berlino e Venezia — e distribuzione, per mezzo di un catalogo vendite di produzioni esclusivamente italiane, a sale e catene televisive. La terza attività è l'organizzazione del “Torino Short Film Market”, l'unico evento professionale di distribuzione e produzione di corti in Italia, in collaborazione con il Torino Film Festival. Quest'anno avrà luogo la seconda edizione.

In che veste ti trovi in Messico?

In duplice veste: sia come rappresentante del corto italiano, perché abbiamo portato il nostro catalogo di distribuzione, dedicato agli Istituti Italiani di Cultura e alle rappresentanze diplomatiche in generale, che sarà consegnato durante la realizzazione di Shorts México e anche nel corso della mia conferenza di stasera e, inoltre, sono anche in giuria al festival nella sezione nazionale messicana.

Da sinistra, Massimo Barzizza, direttore di Puntodincontro, Jacopo Chessa e Marco Marica, direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico.

Una domanda forse scontata: qual'è la definizione di cortometraggio?

Non è così scontata, perché frequentando il mondo del corto da ormai quattro anni ho potuto constatare che il concetto deve essere ridefinito ogni volta. La centralità dell'ambiente festivaliero fa sì che a volte il cortometraggio sia inteso, in termini di durata, fino ai 20, 30, 40 minuti o addirittura un'ora in certe occasioni. Per quanto ci riguarda, noi ci occupiamo di corti fino ai 30 minuti. Dal punto di vista della politica di sostegno, il corto ottiene contributi pubblici nei vari Paesi fino a lunghezze diverse, ad esempio, in Francia fino ai 60 minuti, in Italia —con la nuova legge— fino a 52. Le produzioni di cui ci occupiamo noi, oltre alla questione minutaggio, nel 99% dei casi sono cortometraggi narrativi di ambizione cinematografica. Tutto quel mondo, enorme, di cosiddetta viralità di contenuti brevi che vediamo sui social media —Facebook, Youtube, ecc.— non è ciò che noi intendiamo come cortometraggio. Ci occupiamo, in parte, anche di quello, ma il prodotto da festival o per il pubblico televisivo è un'altra cosa, è un piccolo film, diciamo.

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Qual è la situazione del Messico, come Paese produttore di corti, paragonato con l'Italia?

Ho trovato un livello abbastanza alto, sia tecnico, sia narrativo. Una cosa che mi ha colpito, e forse è un po' uno specchio della realtà messicana, è che molti affrontano il tema della violenza in varie forme: sulle donne, la criminalità e così via, ma in generale si tratta di un argomento molto presente, senza dubbio più che nei film italiani. Per quanto riguarda il rapporto in questo campo tra Messico e Italia, il nostro è un Paese che ha un'enorme produzione, ma una scarsa diffusione all'estero. I corti messicani, invece, circolano abbastanza, ne ho visti molti. In questo Paese ci sono festival importanti: Shorts México, Guanajuato ed altri, per cui è ovvio che si tratta di una nazione che dal punto di vista cinematografico sta bene. L'Italia patisce un po', secondo me, uno scarso intervento pubblico sul cortometraggio, da un lato, e una scarsa strategia istituzionale sulla promozione all'estero. Il Centro nazionale del cortometraggio è una piccola agenzia rispetto ad alcune delle sue controparti in altri Paesi.

Quindi, secondo te, l'insufficienza di promozione del corto italiano all'estero è dovuta essenzialmente a questioni finanziarie?

Strategiche. Poi, ovviamente, una cosa tira l'altra. In generale il cinema italiano ha una struttura di promozione basata sull'Istituto Luce/Cinecittà che in realtà funziona bene, però non si occupa dei corti. Noi collaboriamo con loro, abbiamo fatto diversi progetti insieme, ma credo che manchi un po' una migliore strategia sul cortometraggio. Gli autori dei corti in genere sono giovani talenti del vivaio, per cui è necessaria lungimiranza, che forse, alla fine, non è una delle virtù italiane più sviluppate.

Quale sarà l'argomento principale della tua conferenza all'IIC di stasera?

Sarà un quadro sul cortometraggio italiano da un punto di vista sia di promozione culturale, sia di mercato. Parlerò di cosa sta succedendo nel nostro Paese in questo campo: i festival, i registi da tenere d'occhio, i principali film.

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(massimo barzizza / puntodincontro.mx)