Terra promessa - il sogno argentino

La storia degli italiani in Argentina, della giornalista Paola Cecchini.

20 agosto 2007. - Termina con un’intervista al sen. Luigi Pallaro, presidente di Feditalia ((Federacion de Asociaciones Italianas de Argentina) il libro Terra promessa - il sogno argentino, scritto dalla giornalista Paola Cecchini ed edito dalla Regione Marche.

Patrocinato dall’Ambasciata d’Italia a Buenos Aires, dalla Embajada de la República Argentina en Italia, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero degli Italiani nel mondo, il libro  racconta  in 1100 pagine, 670 note, 106 foto d’epoca, 3 diari, 28 tabelle statistiche e 68 testimonianze, la storia degli italiani in Argentina, illuminando in particolare i marchigiani dei quali nessuno ha mai scritto.

E’ impossibile non intenerirsi leggendo le decine di storie di vita che vi compaiono: la traversata veniva chiamata al tempo lu passàgghju (termine che suona sinistro perché designa nel parlare allusivo anche il trapasso dell’uomo da questo all’altro mondo).Come erano vestiti a bordo? Indossavano quelli che erano chiamati li pagni de lu passagghiu (gli indumenti della traversata), i più vecchi che avevano nel guardaroba e che poco prima dello sbarco venivano gettati nella acque del porto e sostituiti con li pagni voni: in tale circostanza si tagliavano capelli, baffi, barba e unghie, tutte cose che per superstizione avevano lasciato crescere durante il viaggio.

Arrivavano spaesatissimi nell’immenso porto di Buenos Aires; avevano in mare lu spapiè rrusciu (il passaporto rosso), valido tre anni che li bollava spesso come analfabeti. Giordano Buresta, ingegnere fanese di Merlo (Gran Buenos Aires) rivive nell’intervista rilasciata, lo stato d’animo dell’arrivo condensandolo in queste eloquenti parole: Un mare di gente  e noi senza salvagente.

Per gran parte agricoltori, nella pampa i marchigiani sono stati anche autori di un primato, o più precisamente di una scoperta rivoluzionaria, conosciuta a livello internazionale col nome di semina diretta, e cioè la semina del campo non arato, che permette il riposo e la salvaguardia del suolo che rischia spesso la desertificazione. Nella provincia di Mendoza, poi, sono stati i primi a praticare l’olivicoltura e gli unici Eugenio Brillarelli e Aida Silva-matrimonio 1937.jpgad ideare un museo dedicato al vino, tuttora unico in Argentina ed in tutto il continente sudamericano.

Nel libro compaiono storie il cui impatto emotivo è molto forte : c’è chi ha vissuto il terribile terremoto di San Juan, chi è stato costretto ad atti di cannibalismo durante la seconda guerra mondiale, chi è stato deportato in Siberia, chi ha incontrato il fratello dopo 70 anni.

Anche se il libro è concentrato sulla gente comune che l’autrice ha seguito in tutte le fasi della loro esperienza, figurano nel flusso migratorio marchigiano anche intellettuali, aristocratici e politici, ed alcune celebrità, tra cui: l’architetto ascolano Francesco Tamburini, ideatore del teatro Colón e della ristrutturazione della Casa Rosada a Buenos Aires; il pittore montecassianese Giuseppe Cingolani già restauratore degli affreschi della Cappella Sistina del Vaticano, e fondatore a Santa Fe dell’Ateneo di Arti e Scienze (1909); il recanatese Lorenzo Gigli, definito pittore dei due mondi; il calciatore senigalliese Renato Cesarini, diventato immortale dopo il goal segnato il 13 dicembre 1931, durante la partita contro l’Ungheria che permise la vittoria della Nazionale proprio al novantesimo minuto (zona Cesarini).

In tempi recenti, è invece il caso di ricordare l’ex tennista mondiale Gabriela Sabatini, come il calciatore iuventino Mauro Gérman Camoranesi, e Emanuel Ginobili, campione del N.B.E.(National Basketball Association).