Giuseppina Raimondi,
la fugace moglie di Garibaldi

Donne d'Italia, Di Claudio Bosio.
Seconda parte.

Luigi Caroli in una foto dell'epoca.

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3 maggio 2011. -
Si era alla vigilia della spedizione dei Mille (sarebbe partita dallo scoglio di Quarto la sera del 5 maggio, meticolosamente sorvegliata dalle autorità piemontesi e simulando, come da accordi, il furto delle due navi Piemonte e Lombardo, della società Rubattino.). Intanto (era il dicembre del 1859) il Biondo Eroe riposava le sue stanche membra in un accogliente letto di Villa dell’Olmo, appena sopra il lago di Como, ospite di Giuseppina, figlia naturale, riconosciuta ma non legittimata, del Marchese Giorgio Raimondi. (Fu battezzata nella Chiesa succursale di Socco e non nella plebana di Fino come per celare l'evento e registrata come "figlia di ignoti"). La degenza a letto di Garibaldi era, per altro, giustificata dalle conseguenze di un incidente … ippico. Sempre in dicembre, mentre galoppava accanto a Giuseppina, il cavallo gli prese la mano (?!) mandandolo a sbattere col ginocchio contro un muro. La rotula gli si fratturò.

Ma Garibaldi, sotto gli occhi di Giuseppina, si sentì impegnato a restare in sella e a domare la bestia. Questa però lo trascinò in una stalla (facendogli sbattacchiare il capo contro la volta) poi ne uscì fuori, più imbizzarrita di prima: ripicchiò il suo cavaliere contro il timone di una carrozza, poi su una cava di pietre e, infine, in un groviglio di pioppi.

A questo punto, il generale, vistosi perduto, si buttò giù, ma badando allo stile, cioè riuscendo a restare in piedi, malgrado la rotula lesionata. Ci vollero diciotto giorni di letto. Lì in casa del marchese, naturalmente, con la giovane Giuseppina per infermiera. Così, mentre si saldavano le venerabili ossa dell’Eroe, si rinsaldava anche la relazione con la padroncina di casa: amor, carezze e baci e … brodini di passione. Una dolcissima convalescenza "en rose".

Gli antefatti di questo rapporto amoroso erano piuttosto recenti. L´incontro fatale, era avvenuto poche settimane prima, su una stradina del varesotto, mentre Garibaldi si stava recando a Como. Giuseppina, conduceva un calesse, accompagnata da Don Luigi Giudici, a quell´epoca coadiutore presso la parrocchia di Socco. La giovane donna, a suo dire, stava proprio cercando di incontrare il Generale (che era a capo dei famosi Cacciatori delle Alpi) per chiedergli aiuto in favore di Como, tuttora sotto il dominio austriaco. Bella e disinibita, la fanciulla aveva amabilmente civettato con il Biondo Eroe, ma nulla di più, mentre l’altro se ne era pazzamente invaghito. Da quel momento, Garibaldi aveva tempestato Giuseppina di lettere appassionate invocando il suo amore, ma sempre invano. Erano lettere del tenore della seguente:

«Adorabile Giuseppina! Io sono combattuto da due sentimenti che mi tribolano in modo inconcepibile: l'amore, e il dovere! Io amo voi con tutta l'anima mia e darei ciò che mi resta di questa straziata vita per esser vostro un momento solo! Il mio dovere mi vieta d'esser vostro! ... di far mia voi, ch'io idolatro!... Ecco la voce del dovere : io ho nell'isola una donna plebea e da quella donna ho una bambina: questo sarebbe il minor ostacolo perché io non posso più amarla e non devo unirmi a lei giammai! Unendomi a voi, bellissima fanciulla!, io rinnegherei quel carattere d'abnegazione che mi frutta parte d'una popolarità ch'io apprezzo e che può valermi a pro della patria, quando le cose italiane mi chiamino ancora a guidar soldati: e si dirà di Garibaldi: egli ha brigato la fortuna... e s'è separato da quel popolo ch'egli tante volte ha millantato di voler servire fino alla morte. Ch'io' sono povero, il vostro nome angelico e generoso me lo ha già perdonato; ma ch'io sono in età'. troppo dispari dalla vostra, ed in salute non troppo ferma, è prepotente ostacolo, e ch'io non devo concedere all'indulgente vostra simpatia d'inosservare. Io! fra poco forse non più adatto ad esser compagno di florida bellezza, sarò ridotto a tiranneggiare! Vivere d'una vita disperata! od uccidermi ! perché... io non potrei certamente sopportare il vostro disaffetto! Rispondetemi subito! Io sono in uno stato da non poter aspettare !... Non vi adirate, per Dio!, contro chi vi ama di culto! ma permettete ch'io mi allontani da voi colla vostra stima, l'amicizia vostra e la coscienza d'aver fatto il mio dovere! Vostro per la vita e comunque sia!»

Giuseppina pareva sorda ai suoi romantici appelli, ma qualche mese dopo, come fosse stata colta da una ritardata freccia di Cupido, le sue risposte si erano fatte sempre più affettuose, fino a scrivergli: «Prendimi! Sono tua!»

Cos'era accaduto? Occorre fare un passo indietro. Giuseppina era un tipetto non molto diverso da quell'altra "donnina" risorgimentale, la bella Nicchia di Castiglione, la famosa "statua di carne" che aveva sedotto Napoleone III. Anche lei aveva iniziato a dodici anni a collezionare flirt scabrosi, e quando Garibaldi prese a corteggiarla lei già si concedeva contemporaneamente a due aitanti ufficiali garibaldini: il maggiore Carlo Rovelli, suo cugino, e il tenente Luigi Caroli, bergamasco. Quando scoprì di essere rimasta incinta di uno dei due, la scaltra fanciulla, pare con la complicità del genitore, senza perdere tempo si era affrettata a lanciare romantici messaggi amorosi all'ingenuo Condottiero, che subito aveva abboccato all'amo. Fu così che, poco tempo dopo, all’illustre Generale infermo, Giuseppina si presentò con il viso pallido e la mano sull’addome appena ingrossato. Niente paura. L’Eroe conosceva le regole della buona creanza. Non si sarebbe sottratto alle doverose nozze "riparatrici".

Questo evento, anche per la società dell’epoca, era veramente una notizia bomba. La notizia li per lì non trapelò, anche perché la pubblica opinione e i giornali erano distratti da altri avvenimenti. A Torino il gabinetto Rattazzi-La Marmora, succeduto a quello Cavour, era in crisi: era cominciata a circolare la voce che Nizza e la Savoia stavano per essere cedute alla Francia. Lo si mormorava ormai da un pezzo, cioè dagli accordi di Plombières, ma ormai "quelli di Torino" non avevano altra contropartita da offrire a Napoleone III, per fargli mandar giù i plebisciti di annessione al Piemonte di Emilia e Toscana, plebisciti già opportunamente … preparati. Fatti grossi, indubbiamente, di ben più marcato interesse rispetto agli episodi galanti, anche se questi coinvolgevano Garibaldi in persona.

Tuttavia il silenzio di Garibaldi di fronte alla cessione di Nizza, che lo toccava personalmente, fu notato, e incuriosì i giornali, che mandarono qualche "inviato speciale" a informarsi a Fino Mornasco. La prima indiscrezione sul fidanzamento clandestino e le nozze imminenti comparve sulla Gazzetta di Milano. Ma subito L'Opinione di Torino la smentì, probabilmente su preghiera dello stesso Garibaldi, o di qualcuno molto vicino a lui: "Siamo autorizzati a dichiarare la notizia falsa e assolutamente priva di qualunque fondamento".

Le nozze, invece, furono celebrate in gran pompa, con rito cattolico, nella cappella di villa Raimondi a Como (il 23 gennaio 1860) e tutto sarebbe filato liscio se il maggiore Rovelli, forse spinto dalla gelosia, non l'avesse combinata grossa. Mentre lo sposo usciva dalla cappella dando il braccio a Giuseppina, Rovelli gli si avvicinò consegnandogli, non proprio furtivamente, un foglio e uscendo subito di scena. Il Generale lo lesse sull'istante e per poco non gli prese un colpo. Rovelli gli rivelava la tresca punto per punto sottolineando persino che, la sera precedente alle nozze, Giuseppina era stata ancora un volta «sua».

Comunque, a mettere incinta la disinvolta signorina non era stato Garibaldi ma l’altro garibaldino: Luigi Càroli, assiduo frequentatore di Villa dell’Olmo e nelle grazie della marchesina.

(Continua ...)

***

3 de mayo de 2011. - Era la víspera de la expedición de los Mil (estaba planeado que saliera en la tarde-noche del 5 de mayo, bajo la supervisión meticulosa de las autoridades piamontesas y simulando, según lo acordado, el robo de los buques Piamonte y Lombardía de la empresa Rubattino).

Mientras tanto (en el mes de diciembre de 1859) nuestro rubio héroe descansaba ​​en una acogedora cama de Villa del Olmo, justo arriba del lago Como, huésped de Giuseppina, hija ilegítima —reconocida solo extraoficialmente— del marqués Giorgio Raimondi (fue bautizada en la poco frecuentada Iglesia de Socco —y no en Fino— para ocultar el evento. El registro civil apuntó en su acta de nacimiento "hija de padres desconocidos").

La permanencia en cama de Garibaldi, por otra parte, estaba justificada por las consecuencias de un accidente ... hípico. También en diciembre, mientras cabalgaba junto a Giuseppina, el caballo le "tomó la mano" (?) provocando que su rodilla se estrellara contra una pared. Se fracturó la rótula.

Pero Garibaldi, bajo la mirada de Giuseppina, se sintió obligado a permanecer en la silla de montar y tratar de domar al animal. Este, sin embargo, lo arrastró hacia un establo (provocando que la cabeza se le golpeara contra el techo), salió aun más inquieto, estrelló a su jinete contra una carroza, un montón de piedras y, finalmente, en una maraña de álamos.

El general, viendo que ya no tenía posibilidad alguna, se aventó, siempre prestando atención al estilo, o sea, logrando mantenerse en pie a pesar de la rótula dañada. Fueron necesarios dieciocho días en cama. Allí, en la casa del Marqués, por supuesto, con la joven Giuseppina como enfermera. Así, mientras se regeneraban los venerables huesos del héroe, se fortalecía también la relación con la dueña de la casa: amor, abrazos, besos y ... calditos de pasión. Una muy agradable convalecencia "en rose".

Los antecedentes de esta relación sentimental eran muy recientes. El encuentro fatal había ocurrido unas semanas antes, en una calle en la zona de Varese, mientras Garibaldi iba a Como. Giuseppina manejaba un carruaje, acompañada por Don Luigi Giudici, en aquella epoca párroco de Socco. Según la joven, ella estaba precisamente tratando de encontrar al General (que comandaba los famosos Cazadores de los Alpes) en busca de ayuda en favor de Como, que aún estaba bajo el dominio austriaco. Hermosa y desinhibida, la joven había coqueteado amablemente con el rubio héroe, pero nada más, mientras que el otro se había quedado locamente enamorado. Desde entonces, Garibaldi había enviado insistentemente a Josefina apasionadas cartas implorando su amor, pero siempre en vano. El estilo de las cartas era el siguiente:

"Giuseppina adorable! Estoy desgarrado por dos emociones que me preocupan de forma inconcebible: el amor y el deber! La amo con toda mi alma y daría lo que me queda de esta vida destrozada vida para ser suyo aunque sea solo por un momento! Mi deber me impide ser de usted! ... me impide hacerla mía, aunque la idolatre! He aquí la voz del deber: tengo en la isla una mujer plebeya y de esa mujer tengo una hija: éste sería el obstaculo menor porque yo ya no puedo amarla y nunca debería unirme a ella! Uniéndome a usted, hermosa doncella, renunciaría a mi característica abnegación que me ha dado una popularidad que aprecio y que puede ser utilizada a favor de la Patria cuando las cosas de Italia me llamen de nuevo a dirigir soldados y se dirá de Garibaldi: buscó fortuna y se separó de ese pueblo que él mismo tantas veces dijo que quería servir hasta la muerte.

El que yo sea pobre ya fue perdonado por su nombre angelical y generoso, pero el que yo tenga una edad demasiado diferente a la suya y no goce de muy buena salud es un obstaculo prepotente que no debo permitir que no sea observado por su indulgente simpatía. Yo, que pronto tal vez ya no seré la persona más adecuada para ser compañero de tan florida belleza, tendré que vivir intimidando! Vivir una vida de desesperación! O matarme! Porque ... desde luego, no podría soportar su indiferencia! Respóndame de inmediato! Estoy en un estado que no puede esperar! ... No se enoje, por el amor de Dios, con quien la ama incondicionalmente! Pero permitame alejarme de usted conservando su estima, su amistad y la conciencia de haber cumplido con mi deber! Seré suyo por toda la vida suceda lo que suceda!".

Giuseppina parecía sorda a sus llamados románticos, pero después de unos meses, como si hubiese sido alcanzada por una flecha retrasada de Cupido, sus respuestas se volvieron más cariñosas, hasta llegar a escribirle: "Tómame! Soy tuya!".

¿Qué había pasado? Tenemos que dar un paso atrás. Giuseppina era un sujeto no muy diferente a la otra "mujercita" del Resurgimento, la hermosa Nicchia di Castiglione, la famosa "estatua de carne", que había seducido a Napoleón III. Ella también había empezado a los doce años coleccionando relaciones controvertidas y cuando Garibaldi apareció en su vida ella ya tenía al mismo tiempo relaciones con dos apuestos oficiales del ejercito del General: el mayor Carlo Rovelli, su primo, y el teniente Luigi Caroli, originario de Bérgamo. Cuando se embarazó de uno de los dos, la astuta joven —al parecer con la complicidad de los padres— sin perder tiempo se apuró a enviares mensajes románticos al ingenuo líder, que cayó de inmediato en la trampa. Y así, poco después, Giuseppina visitó al famoso y enfermo General con el rostro pálido y su mano sobre el abdomen. El héroe conocía las reglas de las buenas costumbres: no rechazaría la necesaria boda "correctiva".

Este evento, para la sociedad de la época, representava una verdadera noticia bomba. La información no se filtró de inmediato, porque la opinión pública y los periódicos estaban distraídos por otros acontecimientos. En Turín, el gabinete Rattazzi-La Marmora, que había reemplazado al de Cavour, estaba en crisis: había comenzado a circular el rumor de que Niza y la región de Saboya iban a ser cedidas a Francia. Se rumoreaba sobre este acontecimiento desde hace algún tiempo, más exactamente desde la firma de los acuerdos de Plombières, pero ahora "los de Turín" no tenían ningun otro ofrecimiento para que Napoleón III aceptara los plebiscitos de anexión al Piamonte en Toscana y en Emilia, plebiscitos que ya habían sido ... preparados. Hechos decisivos, sin duda, mucho más importantes que cualquier evento relacionado con la vida mundana, aun cuando éstos implicaran al mismo Garibaldi.

Sin embargo, el silencio de Garibaldi ante la cesión de Niza, que lo involucraba personalmente por ser su ciudad natal, fue notado y despertó la curiosidad de los periódicos, que enviaron "enviados especiales" a investigar en Fino Mornasco. La primera noticia acerca del noviazgo clandestino y la inminente boda apareció en La Gazzetta de Milán. Pero fue inmediatamente desmentida por La Opinione de Turín, probablemente por petición del mismo Garibaldi, o de alguien muy cercano a él: "Estamos autorizados para declarar la noticia falsa y absolutamente sin ningún fundamento".

La boda, sin embargo, se celebró con gran pompa en una ceremonia católica en la capilla de la villa Raimondi de la Como el 23 de enero de 1860 y todo habría transcurrido sin problemas si el mayor Rovelli, tal vez impulsado por los celos, no hubiese sido protagonista de un escándalo de grandes dimensiones. Mientras el esposo salía de la capilla dando el brazo a Giuseppina, Rovelli se le acercó, no muy discretamente, le entregó una hoja y abandonó el lugar inmediatamente. El General lo leyó inmediatamente y por poco le dio un ataque. Rovelli le relató el plan de Giuseppina punto por punto, señalando que incluso la noche anterior a la boda, ella había sido una vez más "suya".

El que embarazó a la mujer seguramente no había sido Garibaldi y probablemente tampoco Rovelli, sino otro soldado del General, Luigi Caroli, asiduo visitante de Villa Olmo e intimo de la marquesa.

(Continuará ...)

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