Laura Barral. "I love you, ok?". © 2012.
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27 ottobre 2012 - Il problema della comunicazione sembra essere il tema del XXI secolo. Le nostre difficoltà come “uomini e donne desiderosi di comunicare” maturano quotidianamente, i messaggi sembrano non raggiungere l'obiettivo e, senza farlo apposta, giochiamo al telefono senza fili, mentre la tecnologia ha sostituito le espressioni verbali (parlare, cantare ed esprimere emozioni) con simboli scritti (abbreviature sintetizzate al minimo e rafforzate da uno o più smiley).

Nel mondo degli affari questo non succede così palesemente.

Non ho ancora sentito dire che qualcuno abbia perso un ottimo affare perché l'ha gestito utilizzando esclusivamente messaggini sul telefono cellulare, né ho saputo che siano stati firmati contratti —con promettenti utili a breve termine— solo via posta elettronica. Non mi risulta nemmeno che grandi investimenti siano stati definiti per mezzo di conferme posticipate e svogliate, e tanto meno che una carriera piena di prestigio professionale e crescita economica venga sostenuta da poco interesse, emissione di monosillabi e dubbi apporti energetici, sperando che le cose fioriscano da sole...

Sembra invece che proprio lì, dove le situazioni toccano il nostro ridicolo ego, ci sforziamo per combattere e presentare la nostre migliori proposte, ci piace allearci con i migliori, vogliamo che la nostra società cresca e produca buoni frutti, parliamo chiaro, senza perdere di vista i nostri messaggi fino a quando siamo certi che sono arrivato a destinazione, evitiamo la confusione e permettiamo mai che tutto si sviluppi in un ambiente di negligenza.

Perché nell'ambito affettivo non facciamo lo stesso?

Perché anche se cerchiamo di ottenere gli stessi risultati (presentarci come l'opzione migliore, edificare la migliore azienda, creare un buon prodotto, prepararci per il medio e lungo termine, ottenere profitti, ecc.) agiamo in modo così diverso?

Migliaia di uomini e donne soffrono a causa dello stesso motivo, ma fanno fatica a provare un modello diverso. Solo quando è assolutamente necessario —quando ci troviamo coinvolti (e vittime) in una situazione di “violenza comunicazionale”— ci rendiamo conto che abbiamo a nostra disposizione molti più strumenti e che chiaramente esistono alternative. Evitiamo allora di arrivare in ritardo... non lasciamo passare il tempo... evitiamo di pensare che i malintesi si risolvono da soli... non perdiamoci in una ragnatela di comunicazione fallita...

Contribuiamo alla chiarezza. Giochiamo con le mille forme dei nostri sentimenti senza minare le basi della lealtà e del rispetto. Coltiviamo l'aspetto affettuoso del nostro dialogo. Sforziamoci per mettere da parte gli accessori egoistici ed impegnamoci —se vogliamo vivere in coppia— a forgiare lo spazio per esprimere l'amore con amore.

Vorrei un mondo di messaggi chiari, dove fosse possibile aver fiducia nella comprensione. Sarebbe bellissimo che tutti contribuissimo alla comunicazione: che le carezze accarezzassero, che gli abbracci abbracciassero e che le parole veramente comunicassero qualcosa. Vorrei un mondo emotivo in cui ognuno mettesse a disposizione degli altri il suo lato migliore, fiduciosi che così sarà possibile produrre molto di più: il nostro capolavoro.

Come te, e in fondo come tutti, vorrei un mondo affettivo attivo, ma non guidato dal guadagno personale né dalla speculazione cosciente. Vorrei che la smettessimo di abbreviare, che non cercassimo più la scorciatoia della comodità e che ci rendessimo conto che proprio lì, dove oggi stiamo risparmiando semi, domani non cresceranno frutti.

ok? grz

 

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Di Alejandra Daguerre.

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*Alejandra Daguerre è nata a Buenos Aires, dove vive e lavora. Laureatasi in Psicologia nel 1990 all’Università del Salvador nella capitale argentina, ha dapprima lavorato nella Fondazione Argentina per la Lotta contro il Mal di Chagas, nel dipartimento di Psicologia, poi per tre anni presso il Ministero del Lavoro e della Sicurezza sociale (interviste di preselezione, programmi di reinserimento lavorativo e tecniche di selezione del personale), poi dal 1994 al 1999 nella selezione del personale per l’Università di Buenos Aires.

Dal 2003 al 2009 ha lavorato presso l’Istituto di Estetica e Riabilitazione Fisica “Fisiocorp”, dipartimento di Psicologia, nel trattamento psicologico di pazienti con malattie croniche e pazienti in riabilitazione fisica a lungo termine. Dal 1991 opera in attività libero-professionale nel campo della psicologia clínica, per adolescenti e adulti, con metodiche di psicoanalisi e con ricorso all’arte-terapia e terapia occupazionale, utilizzando l'arte come elemento di catarsi terapeutica.



**Laura Barral è nata il 3 febbraio 1988.

Ha studiato Disegno in Comunicazione Visiva presso l'Università Nazionale di La Plata in Argentina.

Attualmente è socio-proprietario dello studio Decote Design (www.decotedesign.com.ar), che realizza progetti di identità corporativa, disegno di logotipi, stampa, vinili e web design.

Nel 2010 ha vinto il concorso della Camera di Commercio di Tornquist (Provincia di Buenos Aires)..

 

 

(alejandra daguerre / puntodincontro)

 

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Laura Barral. "I love you, ok?". © 2012.
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27 de octubre de 2012 - El problema de la comunicación parece ser el tema del siglo XXI. Nuestras dificultades como “hombres y mujeres con ganas de comunicarnos” se acrecientan día a día; los mensajes parecen no llegar a los destinatarios, sin querer jugamos al teléfono descompuesto, y la tecnología reemplazó la palabra verbal (dicha, cantante y emocional) por la palabra escrita (abreviada, sintetizada a la mínima expresión, y reforzada por un emoticón).

En el mundo de los negocios esto no sucede de manera tan marcada.

No escuché que alguien perdió un excelente negocio porque lo manejó estrictamente a través de su teléfono celular con mensaje de texto; tampoco escuché que se hayan cerrado contratos –con prometedoras ganancias a corto plazo- vía mail; tampoco he sentido que grandes inversiones se definieron manejándose con confirmaciones dilatadas y a desgano; y mucho menos que una ascendente carrera de prestigio profesional y creciente status económico, se sostenga con poco interés, emitiendo monosílabos, con dudosos aportes de energía, y esperando solo que las cosas decanten…

Parece que ahí, justamente donde nos toca el ridículo ego, luchamos aguerridamente por presentar nuestra propuesta, nos encanta aliarnos con el mejor, nos gusta que nuestra sociedad crezca y de buenos frutos, queremos hablar claro, seguimos nuestro mensaje hasta que tenemos la certeza que llegó a buenas manos, no queremos confusiones, y jamás optaríamos por dejar todo en el “descuido”.

¿Por qué será que en el ámbito afectivo no hacemos lo mismo?

¿Por qué será que aún cuando queremos iguales resultados (mostrarnos como la mejor opción, hacer la mejor sociedad, generar un buen producto, mirar el mediano y largo plazo, tener ganancia, etc.) actuamos tan diferente?

Miles de hombres y mujeres sufrimos por lo mismo; pero nos cuesta intentar un modelo diferente. Solo cuando nos toca, solo cuando nos sentimos involucrados (y víctimas) en una situación de “violencia comunicacional”, reaccionamos que tenemos más herramientas, y claramente podemos hacer otra cosa. No lleguemos tarde…no dejemos pasar más…no fantaseemos con que los malos entendidos se solucionan solos…no nos perdamos en una telaraña de comunicaciones fallidas…

Aportemos claridad. Juguemos con las mil formas del amor sin socavar los cimientos de la lealtad y el respeto. Cultivemos el aspecto afectuoso de nuestro diálogo. Trabajemos para dejar de lado los artilugios egoístas, Comprometámonos a que si elegimos estar de a dos, juntos forjaremos el espacio para que el amor se exprese con amor.

Quiero un mundo con mensajes claros, donde podamos descansar en el entendimiento. Me encantaría que todos aportemos a la comunicación: que las caricias acaricien; los abrazos abracen, y las palabras comuniquen. Quiero un mundo afectivo donde todos pongamos lo mejor a disposición, porque confiamos que de ahí saldrá lo mejor: nuestra obra maestra.

Como vos —y en el fondo como todos— yo quiero un mundo afectivo activo, pero no impulsado desde el beneficio propio ni de la especulación consciente. Quisiera que finalmente dejemos de abreviar, que dejemos de tomar el atajo de la comodidad, y que entendamos que ahí donde hoy estamos mezquinando semillas, mañana no crecerán frutos.

Ok? Gs!

 

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De Alejandra Daguerre.

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*Alejandra Daguerre Nació en Buenos Aires, donde vive y trabaja. Se graduó en Psicología en 1990 en la Universidad del Salvador de Ciudad de Buenos Aires (Argentina).

Trabajó en la Fundación Argentina de Lucha contra el Mal de Chagas, en el Departamento de Psicología y durante tres años en el Ministerio del Trabajo y Seguridad Social (entrevistas de preselección, programas de reinserción laboral y selección del personal), Desde 1994 hasta 1999 se desempeño en el Departamento de Graduados de la Universidad de Buenos Aires, en areas de RRHH y Capacitación.

De 2003 a 2009 trabajó en el Instituto de Estética y Rehabilitación Física "Fisiocorp", en el tratamiento psicológico de pacientes con enfermedades crónicas y en pacientes de rehabilitación física a largo plazo. Desde 1991 trabaja por cuenta propia en el campo de la psicología clínica para adolescentes y adultos, con métodos psicoanalíticos, y de arte-terapia.



**Laura Barral nació el 3 de Febrero de 1988.

Diseñadora en Comunicación Visual de la Universidad Nacional de La Plata en Argentina.

Actualmente es socio-propietaria del estudio de diseño Decote Design (www.decotedesign.com.ar), donde realiza trabajos de identidad corporativa, diseño de logotipo, print, vinilos, corpóreos y diseño web.

En 2010 se consagró como ganadora del concurso de la cámara de comercio de la Ciudad de Tornquist (Provincia de Buenos Aires).

 

 

 

(alejandra daguerre / laura barral / puntodincontro)